- Pubblicazione il 17 Gennaio 2012
Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato che l’apnea ostruttiva nel sonno (OSA) predispone a tutte le più comuni patologie cardiovascolari, e che esse tendono ad essere più difficilmente trattabili e a comportare una peggiore prognosi in presenza di OSA. Tuttavia, molti pazienti che vengono alla nostra osservazione per un sospetto di OSA non ha alcuna patologia cardiovascolare clinicamente evidente. In questi soggetti, però, accurati esami strumentali e di laboratorio possono spesso dimostrare un aumentato rischio cardiovascolare o iniziali alterazioni delle strutture o delle funzioni cardiovascolari. Tra questi esami sono compresi l’ecocardiografia, che ha però dei limiti di applicazione e di interpretazione nei soggetti obesi, e il dosaggio di biomarcatori cardiaci, quali indicatori plasmatici di danno ischemico, attivazione infiammatoria o disfunzione cardiaca.
Il lavoro in esame ha preso in considerazione soggetti con OSA di severa entità (AHI: 63±30; tempo trascorso con saturazione <90%: 25,2±10,5%; saturazione minima notturna: 78±8%), in sovrappeso o più spesso francamente obesi, ma non affetti da ipertensione arteriosa né da alcuna patologia cardiovascolare, tutti con frazione di eiezione ventricolare sinistra >50%. Lo scopo dello studio era di esaminare prospetticamente, ad intervalli di tempo di tre mesi, come durante il trattamento dell’OSA con CPAP variassero i livelli di diversi biomarcatori cardiaci e vari parametri di morfologia e funzione cardiaca, valutati sia tramite ecocardiografia, sia con risonanza magnetica cardiaca (CMR).
Sono stati studiati 47 soggetti che nell’arco di un anno avevano eseguito per almeno 4,5 ore per notte il trattamento con CPAP loro prescritto. Le valutazioni ecocardiografiche e con CMR hanno fornito risultati simili, mostrando un progressivo miglioramento degli atrial volume index sinistro e destro, delle dimensioni telediastoliche ventricolari destre, di alcuni indici di funzionalità ventricolare diastolica e dell’indice di massa ventricolare sinistra. Tra gli indici che non avevano subito variazioni vi erano le frazioni di eiezione ventricolare e le dimensioni telesistoliche e telediastoliche ventricolari sinistre. Nessuna variazione è stata inoltre rilevata nei marcatori bioumorali, dei quali la proteina C reattiva (PCR) mostrava valori borderline, mentre la troponina T ed il brain natriuretic peptide (BNP) valori nella norma per tutto il periodo di osservazione.
A caratterizzare la casistica di questo studio sono la severità dell’OSA, lo stato di obesità dei pazienti, l’assenza di disturbi clinici cardiovascolari ed una frazione di eiezione ventricolare sinistra >50%. Dal punto di vista metodologico i maggiori punti di forza sono l’utilizzazione della tecnica della CMR, attendibile anche in caso di obesità, ed i controlli ripetuti nel tempo.
Il lavoro indica che il trattamento dell’OSA migliora alcune caratteristiche funzionali e morfologiche sia delle sezioni sinistre, sia di quelle destre del cuore, e mette in evidenza come questi miglioramenti siano graduali e progrediscano per almeno un anno di tempo.
I risultati delle determinazioni bioumorali non hanno dato invece indicazioni di alcun effetto dell’OSA e del suo trattamento. Al pari che in quasi tutti i pochi lavori che lo hanno preceduto, in questo studio non è stato osservato alcun effetto dell’OSA sulla troponina T, nonostante i marcati livelli di ipossiemia notturna. Viceversa, alcune ricerche hanno messo in evidenza slivellamenti del tratto ST durante il sonno correlati alle apnee. Possibilmente quindi la maggior parte degli episodi ischemici notturni nei soggetti con OSA non cardiopatici non sono di gravità tale da determinare innalzamenti della troponina plasmatica. Non vi sono, però, lavori sull’OSA che hanno monitorizzato allo stesso tempo i livelli di troponina e l’elettrocardiogramma nel sonno. I dati riportati in letteratura sulla PCR e sul BNP nell’OSA sono discordi. Per quanto riguarda quest’ultimo, non sembra che in assenza di insufficienza cardiaca possa mostrare aumenti di rilievo, neanche su campioni di sangue prelevati durante la notte o al primo mattino.
Questo studio supporta i risultati di precedenti osservazioni secondo cui l’OSA può determinare alterazioni morfofunzionali cardiache, in gran parte reversibili col trattamento mediante CPAP. Spesso le alterazioni che si rilevano sono molto lievi, ma le nostre conoscenze sulla storia naturale dell’OSA fanno sospettare che, in mancanza di un trattamento dei disturbi respiratori notturni, esse possano preludere alla comparsa, nel lungo termine, di importanti patologie cardiovascolari. In soggetti con OSA senza patologie cardiache note l’ecocardiografia e la CMR possono fornire indicazioni di un iniziale danno cardiaco, mentre l’utilità della determinazione di biomarcatori cardiaci umorali non è ancora chiara.