- Pubblicazione il 31 Ottobre 2018
Quando si avvia un paziente alla terapia con pressione positiva, che sia la CPAP o altra modalità, il primo punto critico da affrontare è quello della scelta dell’interfaccia più idonea. È noto come la scelta di una interfaccia non corretta possa essere la causa più frequente di fallimento o della interruzione di una terapia ventilatoria a causa di una non idonea scelta in relazione alle caratteristiche del paziente, di una non corretta applicazione con abbondanti perdite non intenzionali o della comparsa di conseguenze come le lesioni da decubito.
Negli ultimi anni vari lavori in letteratura hanno contribuito a chiarire come la differenza tra una maschera nasale e una oronasale non stia solamente nella forma o superficie di contatto con il viso del paziente, ma abbia anche importanti ripercussioni sulla funzionalità delle vie aeree oro-faringee. La valutazione visiva tramite endoscopio delle vie aeree retroglossali in corso di ventilazione con maschera nasale e oronasale ha permesso di confermare come quest’ultima determini una sensibile riduzione del passaggio faringeo richiedendo pertanto pressioni più elevate e spesso meno tollerate dal paziente (1). Ne consegue che il cambio di una maschera da nasale a oronasale in corso di follow-up deve prevedere obbligatoriamente una nuova titolazione dei valori di pressione in quanto quella necessaria a mantenere pervie le vie aeree può essere superiore anche di qualche centimetro d’acqua.
I produttori di maschere per la ventilazione hanno notevolmente migliorato i materiali impiegati e ampliato il campionario a disposizione, differenziando modelli anche in base al sesso oltre che alle dimensioni, mantenendo sempre due tipologie principali: nasali compresa la variante nasal-pillow e oronasali senza tuttavia dare una indicazione precisa su quale fenotipo di paziente può essere indicata l’una piuttosto che l’altra maschera. Un naso ostruito o la respirazione a bocca aperta sono sempre state le indicazioni all’utilizzo della maschera oronasale.
Un questione maggiore è l’accettazione della terapia e quindi l’aderenza del paziente alla stessa che varia dal 29-83% dei pazienti in relazione ai diversi centri e alle procedure attuate. La tollerabilità della maschera è un elemento fondamentale per l’aderenza e la identificazione dell’interfaccia più idonea fin dall’inizio è essenziale per migliorare la aderenza dei pazienti, tuttavia non ci sono molte indicazioni per guidare questa selezione. Le maschere oronasali sono state associate ad una minore aderenza e aumento dell’indice di apnea-ipopnea residuo (AHI) (2). Quindi, la pratica corrente di solito è quella di iniziare la terapia con maschere nasali, riservando le maschere oronasali a pazienti che presentano una significativa ostruzione nasale o respirazione della bocca.
Recentemente è stato pubblicato su Respirology un lavoro molto interessante su questo argomento dal titolo Choosing the right mask for your Asian patient with sleep apnoea: a randomized, crossover trial of CPAP interfaces. Questi autori hanno condotto uno studio crossover randomizzato controllato con diverse interfacce in pazienti con apnea ostruttiva nel sonno (OSA) moderata-severa in corso di terapia con CPAP, al fine di valutare l’aderenza e l’efficacia della terapia utilizzando maschera nasale, cuscino nasale e maschera oronasale. Tra i fattori anatomici coinvolti nel favorire l’OSA c’è evidenza dell’associazione con la morfologia craniofacciale e gli autori sono partiti da questo aspetto partendo dal presupposto che la morfologia craniofacciale possa influenzare il comfort e/o l’aderenza del paziente con un’interfaccia oronasale. Lo studio si è protratto da settembre 2014 a giugno 2016. Sono stati reclutati 85 pazienti di età compresa tra 21 e 90 anni con OSA moderata-grave di nuova diagnosi (AHI ≥ 15). Oltre al supporto educazionale (una formazione sull’uso e gestione della CPAP, umidificatore, interfacce e accessori e ad una telefonata di follow-up a 2 settimane), in tutti i pazienti sono stati individuati dei punti di riferimento craniofacciali tramite studio fotografico del viso e successiva analisi computerizzata e tutti sono stati sottoposti a valutazione con la scala NOSE (Nasal Obstruction and Septoplasty Effectivness) finalizzata allo studio dell’ostruzione nasale (punteggi da 0 a 100 con valori elevati indicativi di maggiore ostruzione nasale). Sono stati valutati i seguenti rapporti delle misurazioni craniofacciali: misura della larghezza del viso a livello dell’angolo della mandibola/larghezza bioculare presa a livello del canto esterno, misura della distanza tra il mento e il labbro inferiore/larghezza bioculare al canto esterno e misura della larghezza delle ali del naso/larghezza della bocca all’angolo labiale. Questi rapporti sono stati selezionati per individuare un fenotipo facciale che è stato supposto essere associato con un migliore adattamento con le maschere oronasali e caratterizzato da un parte inferiore del viso a livello della mandibola proporzionalmente più grande o una larghezza nasale più piccola. I pazienti hanno utilizzato tre differenti maschere (in ordine randomizzato) ciascuna per la durata di un mese. Sono state utilizzate maschere nasali Wisp, maschere con cuscini in gel Nuance e maschere full-face Amara. L’outcome primario dello studio era l’aderenza alla terapia con CPAP come indicato dall'uso medio (h/notte). Gli outcome secondari erano basati su una percentuale di utilizzo > 4 ore e l’AHI residuo. Il tempo con perdite elevate è stato determinato dal tempo con perdite che erano oltre il doppio della perdita intenzionale prevista per ogni interfaccia. I risultati del trial sono stati che l’aderenza più alta si aveva con le con maschere nasali, sia per l’uso medio notturno che per la percentuale di uso > 4 ore rispetto alle maschere oronasali e ai cuscini nasali, mentre l’AHI residuo era maggiore con le maschere oronasali. C’è stato un significativo effetto tempo sull' aderenza, ossia le ore di uso medie notturne e la percentuale delle notti con > 4 ore di utilizzo erano significativamente inferiori nel terzo mese rispetto al primo. È interessante notare come ventidue pazienti (25,9%) avessero una migliore aderenza con le maschere oronasali nonostante l’AHI residuo più elevato e le perdite maggiori. Questi pazienti avevano tuttavia punteggi NOSE inferiori (quindi una ostruzione nasale meno sintomatica) e nessuna differenza significativa in età, sesso, etnia, BMI, AHI ed ESS.
Quando sono stati analizzati i rapporti delle misurazioni craniofacciali, i pazienti con la migliore aderenza con le maschere oronasali avevano un fenotipo facciale che rifletteva un proporzionale aumento del rapporto tra la misura mento-labbro inferiore/larghezza media del viso a livello bioculare. Anche dopo analisi multivariata (aggiustata per età, sesso, BMI e AHI), i punteggi NOSE (OR: 0,891 (IC 95%: 0,795-0,998), P = 0,045) così come il rapporto mento-labbro inferiore/distanza bioculare (OR: 1,220 (IC 95%: 1,043-1,427), P = 0,013) è rimasto associato a una migliore aderenza alla CPAP con maschere oronasali. Non sono state trovate differenze di aderenza tra l’uso di maschere nasali rispetto ai cuscini nasali. Le ragioni della scarsa aderenza ed efficacia con un’interfaccia oronasale non sono completamente comprese. Un meccanismo proposto è che la pressione erogata attraverso la bocca spinge la lingua e i tessuti molli all'indietro, con conseguente ostruzione delle vie aeree. Altra spiegazione è che la pressione esercitata dalla maschera oronasale può spingere la mandibola all’indietro, con conseguente maggiore ostruzione delle vie aeree superiori. Inoltre la mancanza di un gradiente di pressione tra il comparto nasale e quello orale, dà origine ad un movimento del palato molle “a bandiera”, con conseguente turbolenza nelle vie aeree superiori, che può contribuire alla ridotta efficacia. Gli Autori hanno trovato con le maschere oronasali un più alto livello di perdita d’aria non intenzionale, che può essere dovuto a una maggiore probabilità di spostamento della maschera durante il sonno o maggiori difficoltà nell’indossare correttamente la maschera stessa (3). È risaputo come le perdite non intenzionali siano associate con un maggiore rischio di non aderenza e siano più frequenti con maschere oronasali che con maschere nasali. Ne consegue che le maschere nasali dovrebbero quindi essere la maschera di prima scelta all'inizio della terapia con pressione positiva.
La presenza di ostruzione nasale non dovrebbe precludere l’uso di una maschera nasale. Questa è una considerazione importante in particolare con l'alta prevalenza di anomalie delle vie aeree superiori e nasali nei pazienti con OSA. La respirazione orale secondaria a ostruzione nasale, provocando un restringimento del lume faringeo e dislocazione della lingua posteriormente, predispone all’aumento dell'ostruzione delle vie aeree superiori e di conseguenza della gravità dell’OSA.
Tutto questo potrebbe essere ulteriormente accentuato dall’uso di una maschera oronasale. L’applicazione di una pressione positiva con un'interfaccia nasale, d’altra parte, può migliorare l’efficacia del trattamento aumentando il flusso d'aria nasale o con effetto “stent” delle valvole nasali. E’ stata anche dimostrata come la respirazione dalla bocca venga significativamente ridotta con CPAP nasale e non dovrebbe essere un motivo per l'avvio di terapia con CPAP con maschere oronasali (4). Da considerare è anche il rischio di una titolazione inadeguata con l’uso di dispositivi auto-PAP con maschere oronasali.
Un possibile limite dello studio è che le maschere utilizzate erano limitate a modelli specifici e i risultati potrebbero non essere necessariamente applicabili ad altri modelli di maschere.
La conclusione di questo studio randomizzato controllato crossover è che l’aderenza alla CPAP era più alta con le maschere nasali nei pazienti OSA da moderata a grave in terapia con CPAP, l’AHI residuo era più alto con un'interfaccia oronasale, i pazienti con una migliore aderenza con le maschere oronasali presentavano un'ostruzione nasale meno sintomatica. Inoltre un rapporto maggiore tra misura della distanza tra il mento e il labbro inferiore/larghezza bioculare era il solo predittore per l’indicazione all’uso di una maschera oronasale.
Il take home message che emerge alla fine è che nella pratica quotidiana le maschere nasali dovrebbero essere l’interfaccia di prima scelta all'inizio della terapia a pressione positiva. Riguardo all’efficienza non ci si può rifare esclusivamente a quanto riferito dal paziente circa l’efficacia del trattamento.
Bibliografia
- Andrade RG, Madeiro F, Piccin VS, et al. Impact of acute changes in CPAP flow route in sleep apnea treatment. Chest 2016;150:1194-201.
- Andrade RG, Viana FM, Nascimento JA, et al. Nasal vs oronasal CPAP for obstructive sleep apnea treatment: a meta-analysis. Chest 2018;153:665-74.
- Lebret M, Martinot J, Arnol N, et al. Factors contributing to unintentional leak during CPAP treatment: a systemic review. Chest 2017;151:707-19.
- Ruhle KH, Nilius G. Mouth breathing in obstructive sleep apnea prior to and during nasal continuous positive airway pressure. Respiration 2008;76:40-5.