- Pubblicazione il 09 Giugno 2016
Nella terapia della sindrome dell’apnea ostruttiva nel sonno (OSA) la CPAP è nata originariamente come applicazione nasale. Solo ad anni di distanza sono state introdotte in alternativa la somministrazione per via oronasale o anche soltanto orale, descritte inizialmente come equivalenti nei loro effetti a quella per via nasale (1,2). Ultimamente però sono state pubblicate numerose osservazioni di una minore efficacia della somministrazione per via oronasale rispetto a quella nasale: essa infatti comporterebbe maggiori perdite di aria (3), un maggior numero di eventi respiratori residui [3,4] e la necessità di somministrare livelli di pressione più elevati (4-6).
Lo studio di Andrade e coll. ha valutato i cambiamenti acuti del pattern respiratorio e delle dimensioni delle alte vie aeree durante sonno indotto farmacologicamente con midazolam che intervengono passando acutamente dall’applicazione nasale a quella oronasale o orale di CPAP in pazienti affetti da OSA. Le osservazioni sono state condotte in corso di polisonnografia durante applicazione di CPAP mediante una maschera ed un sistema di valvole che consentivano di controllare la via attraverso cui l’aria poteva raggiungere le vie aeree (esclusivamente nasale, oronasale, esclusivamente orale). Un endoscopio era introdotto attraverso la maschera per essere posizionato poco sopra l’epiglottide. Al raggiungimento di uno stadio N2 stabile, mentre la CPAP era somministrata per via nasale alla “holding pressure” (pressione che manteneva una completa pervietà delle vie aeree), si operava una deviazione della via di passaggio dell’aria per un periodo di due minuti mantenendo il livello della pressione invariato. Eventi ostruttivi ricomparvero in 12/18 soggetti aprendo il passaggio alla via oronasale, e in 14/16 col passaggio a quella esclusivamente orale. Al contempo, si rilevavano una diminuzione della distanza tra epiglottide e base della lingua e una riduzione dell’area retrolinguale, indicativi di uno spostamento posteriore della lingua. All’apertura della via oronasale, mantenevano un respiro regolare solo alcuni di coloro che continuavano a respirare prevalentemente per via nasale. Aumenti della pressione somministrata fino a un massimo di 20 cm H2O non sempre riuscivano a ristabilire un respiro regolare. Tra le possibili spiegazioni di questi risultati gli autori propongono la riduzione delle aree retropalatale e retroglottica dovuta all’apertura della bocca, e lo spostamento posteriore della lingua e del palato molle per il venir meno del gradiente di pressione cranio-caudale faringeo precedentemente prodotto dall’applicazione nasale della CPAP.
Questo lavoro, oltre a confermare la superiorità della terapia per via nasale, mostra con le rilevazioni endoscopiche sul grado di dilatazione retroglottica un interessante corrispettivo della minor efficacia della terapia orale e oronasale. Come limiti del lavoro possono essere considerati la brevità dei periodi su cui sono state condotte le osservazioni sugli effetti di ciascuna modalità di somministrazione della CPAP, il fatto che le osservazioni sono state limitate a sonno non-REM e, soprattutto, che il protocollo sperimentale quasi certamente imponeva il mantenimento della posizione supina. Un recente lavoro ha dimostrato che è soprattutto in posizione supina che la CPAP oronasale può dimostrarsi inefficace (7). L’importanza del lavoro sta soprattutto nel confermare con metodiche di tipo non esclusivamente polisonnografico la minore capacità della CPAP somministrata per via oronasale, rispetto a quella nasale, di tenere aperte le vie aeree superiori, che in alcuni soggetti può comportare anche l’impossibilità di identificare un livello di pressione, entro i 20 cm H2O, che sia soddisfacente per la terapia.
Queste osservazioni indicano che nella terapia dell’OSA la CPAP per via oronasale non dovrebbe essere mai una prima scelta. Oggi la terapia per via oronasale viene spesso prescritta a causa di grave ostruzione nasale che impedisce di respirare attraverso il naso, oppure per una reale o supposta incapacità di tenere costantemente la bocca chiusa durante il sonno che darebbe luogo ad una fuoriuscita di aria per via orale e ad una caduta della pressione nelle vie aeree superiori, con conseguente inefficacia della terapia. Questa incapacità andrebbe sempre verificata prima della prescrizione. Quando richiesto, il passaggio da una terapia nasale ad una oronasale non andrebbe fatto senza una verifica dell’efficacia della terapia ed un’eventuale rititolazione del livello di pressione che si somministra. In alcuni casi, misure volte a rendere possibile l’erogazione di CPAP attraverso il naso (ad esempio, interventi chirurgici in pazienti con grave ostruzione nasale) possono essere preferibili ad una terapia definitiva con CPAP oronasale.
Bibliografia
1. Prosise GL, Berry RB. Oral-nasal continuous positive airway pressure as a treatment for obstructive sleep apnea. Chest 1994;106:180-6.
2. Anderson FE, Kingshott RN, Taylor DR, et al. A randomized crossover efficacy trial of oral CPAP (Oracle) compared with nasal CPAP in the management of obstructive sleep apnea. Sleep 2003;26:721-6
3. Bakker JP, Neill AM, Campbell AJ. Nasal versus oronasal continuous positive airway pressure masks for obstructive sleep apnea: A pilot investigation of pressure requirement, residual disease, and leak. Sleep Breath 2012;16:709-16.
4. Bettinzoli M, Taranto-Montemurro L, Messineo L, et al. Oronasal masks require higher levels of positive airway pressure than nasal masks to treat obstructive sleep apnea. Sleep Breath 2014;18:845-9.
5. Ebben MR, Oyegbile T, Pollak CP. The efficacy of three different mask styles on a PAP titration night. Sleep Med 2012;13:645–9.
6. Kaminska M, Montpetit A, Mathieu A, et al. Higher effective oronasal versus nasal continuous positive airway pressure in obstructive sleep apnea: Effect of mandibular stabilization. Can Respir J 2014;21:234-8.
7. Araújo Nascimento J, de Santana Carvalho T, Takachi Moriya H, et al. Body position may influence oronasal CPAP effectiveness to treat OSA. J Clin Sleep Med 2016;12:447-8.