- Pubblicazione il 17 Giugno 2015
Sempre di più si pone l’accento sulla necessità di affrontare l’OSAS non soltanto instaurando un trattamento, più spesso mediante CPAP, che elimini i disturbi respiratori nel sonno, ma anche ponendo attenzione a fattori di rischio che possano aumentarne l’incidenza o peggiorarne le conseguenze e le manifestazioni cliniche. Uno stile di vita poco salutare è stato identificato come uno di questi fattori. Infatti, sono noti gli effetti degli eccessi alimentari, dell’alcool, di un’alterata igiene del sonno. Negli ultimi anni, poi, è stato messo in evidenza che l’esercizio fisico, anche quando non si associa a riduzione del peso corporeo, può comportare un certo miglioramento dei disturbi respiratori nel sonno o almeno prevenirne il peggioramento nel tempo, oltre a migliorare la percezione della qualità della vita (1). Vi sono meno informazioni sulla sedentarietà nell’OSAS, intesa non come scarso esercizio fisico, ma come prolungata permanenza in posizione seduta. Quest’ultima potrebbe avere importanti ricadute, in quanto in ambiti diversi dall’OSAS è stato dimostrato che rimanere a lungo seduti, in particolare guardando la TV, comporta rischi di per sé, anche in soggetti fisicamente attivi (2).
Buman e coll. hanno pubblicato uno studio epidemiologico sui rapporti che il tempo trascorso in posizione seduta e quello trascorso davanti la TV hanno con alcuni disturbi soggettivi del sonno e con il rischio di presenza di OSAS. Lo studio è stato condotto con interviste telefoniche a soggetti di età compresa tra 23 e 60 anni. Sono state raccolte informazioni, tra le quali il tempo complessivo trascorso in posizione seduta e quello trascorso seduti alla TV, la durata e la qualità del sonno, il rischio per OSAS valutato col questionario STOP (Snoring – Tiredness - Observed apneas - high blood Pressure), il grado di sonnolenza valutato con la scala di Epworth, la massa corporea (BMI) e l’attività fisica. In totale sono stati analizzati dati su 843 soggetti. E’ stato trovato che un aumento del tempo complessivo in posizione seduta si associava in modo indipendente ad un peggioramento della qualità del sonno, mentre l’aumento del tempo alla TV si associava anche ad un aumento della latenza del sonno, ad un risveglio mattutino più precoce e ad un maggiore rischio di OSAS. Invece, nessuno dei due si associava con la sonnolenza. L’associazione del tempo trascorso guardando la TV col rischio di OSAS non era influenzata dal BMI, ma tendeva a scomparire nei soggetti che dichiaravano di svolgere attività fisica moderata o intensa.
Il lavoro suggerisce quindi che per vari aspetti la permanenza davanti alla TV possa essere più dannosa che il semplice stare seduti, specie nei soggetti che non praticano un’attività fisica almeno moderata. L’aumento della latenza del sonno si ritiene sia legato ad una riduzione del livello di melatonina dovuto all’esposizione alla luce proveniente dal televisore. La peggiore qualità del sonno ed il risveglio più precoce potrebbero invece essere in rapporto a ripercussioni emotive di alcuni programmi televisivi. Gli aspetti più nuovi del lavoro riguardano però i rapporti tra permanenza alla TV ed OSAS. Non è chiaro perché guardare la TV possa far aumentare il rischio di OSAS e perché questo avvenga soprattutto in chi non pratica un’adeguata attività fisica. Una possibile spiegazione è che la TV viene guardata soprattutto la sera così che i fluidi corporei che, stando seduti alla TV prima di dormire, si sono concentrati nelle gambe, vengono rapidamente spostati verso l’alto al momento di coricarsi riducendo lo spazio faringeo e favorendo la comparsa del russamento e delle apnee.
Questo studio presenta alcuni limiti. Il questionario STOP identifica i soggetti con OSA con un limitato grado di sensibilità e soprattutto di specificità (gli autori fanno riferimento a dati rispettivamente del 74,3 e del 54,3%). Inoltre, le informazioni raccolte erano necessariamente approssimative, basandosi su indicazioni soggettive degli individui intervistati. Infine, il lavoro non consente di escludere che, se un rapporto esiste tra permanenza alla TV ed OSAS, non sia la permanenza alla TV a rappresentare un rischio per la comparsa dell’OSAS, ma che sia la presenza dell’OSAS e dei suoi sintomi a portare i pazienti a guardare più a lungo la TV.
La permanenza alla TV viene comunemente considerata un mezzo per addormentarsi più velocemente. Evidenze scientifiche dimostrerebbero invece l’effetto opposto. Sicuramente esistono ampie differenze interindividuali a questo riguardo, ma tra i consigli da dare a chi ha difficoltà ad addormentarsi dovrebbe esservi anche quello di provare a limitare la permanenza alla TV la sera. Nuovi studi potranno dimostrare se guardare a lungo la TV possa essere più una causa o un effetto dell’OSAS. Al momento attuale abbiamo buoni motivi per ritenere che nell’intento di attenuare le manifestazioni dell’OSAS sia corretto consigliare di evitare di stare a lungo ininterrottamente seduti prima di andare a dormire.
Bibliografia
1. Iftikhar I, Kline C, Youngstedt S. Effects of exercise training on sleep apnea: a meta-analysis. Lung 2014;192:175-84.
2. Owen N, Healy GN, Matthews CE, Dunstan DW. Too much sitting: the population health science of sedentary behavior. Exerc Sport Sci Rev 2010;38:105-13.