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Nell’articolo Key drivers of the oxidative potential of PM2.5 in Beijing in the context of air quality improvement from 2018 to 2022 di Jinwen Li et al. dell’Università di Pechino, vengono analizzati gli effetti sulla salute delle polveri sottili (PM2.5) in relazione al loro potere ossidante (OP), verificando che, nonostante una decrescita significativa del PM2.5 medio a Pechino negli ultimi cinque anni
(da 81 a 50 mcg/m3), gli effetti sulla salute non si sono ridotti in maniera proporzionale, verosimilmente per la persistenza di polveri a elevato OP.
Secondo lo studio la sabbia (proporzione 52% dell’OPv), il traffico (16%), la combustione di biomassa (15%), gli aerosol secondari (95) e la combustione di carbone (8%) sono le maggiori fonti di OP del PM2.5 a Pechino.
Le polveri PM2.5 (con un diametro aerodinamico inferiore a 2,5 μm) sono una mistura complessa di ioni inorganici, composti metallici, carbonio elementare e composti organici. L’esposizione a breve termine al PM2.5 è associata da decenni a mortalità prematura, incrementata ospedalizzazione per cause cardiache e polmonari, bronchite cronica, etc.
Lo stress ossidativo, che risulta dall’eccesso di specie reattive dell’ossigeno (ROS) come il perossido di idrogeno, l’anione superossido e i radicali idrossilici nei confronti del potere antiossidante del corpo umano, porta ad apoptosi cellulare, senescenza e varie patologie, ed è uno dei meccanismi tossicologici importanti associati all’esposizione a PM. L’OP può essere utilizzato per valutare la capacità del PM di indurre ROS nell’organismo. L’OP misurato con il test al ditiotreitolo costituisce una metrica migliore rispetto alla concentrazione del PM, correlata con minore precisione agli effetti sulla salute.
Il valore medio giornaliero di OP del particolato atmosferico a Pechino è a un livello comparabile con quello di Hang Zhou e Los Angeles (0,35-0,621 nmol/min), e risulta inferiore rispetto a quello di Milano (1), Atene, Beirut, Delhi e Riyadh nello stesso periodo.
L’OP normalizzato a volume (OPv) è il consumo di OP (nmol/min) normalizzato per il volume d’aria campionato (m3), e l’OP normalizzato a massa è il consumo di OP normalizzato a massa di PM2.5, rappresentando l’esposizione a OP in ciascun campione.
OP normalizzato a massa (OPm) è correlato alle proprietà innate delle particelle, mentre OPv è sensibile alla concentrazione di massa dei componenti tossici, perché riflette l’OP dell’aria respirata e ha una correlazione più stretta con la salute umana rispetto a OPm (2).
L’OPv annuale mostra una tendenza decrescente anno per anno dal 2018 al 2021 per gli ovvi motivi legati alla pandemia, e la risalita del 2022 è dovuta alla ripresa delle attività produttive.
L’OPv a Pechino era 1 nmol/min nel 2019, 0,7 nmol/min m3 nel 2022, e tra 0,3-0,47 nmol/min m3 nel 2021.
L’OPv ha una variabilità circadiana dovuta alle maggiori attività antropiche serali e al minor mixing atmosferico. L’invecchiamento chimico del PM2.5 può anch’esso contribuire all’incremento dell’OPv nel pomeriggio. Questo punto fa riflettere sulle aree a minor ricambio di aria (come la Pianura Padana), dove il PM2.5 può permanere in atmosfera per giorni, e dove gli interventi per ridurlo sono da considerarsi ancora più vitali.
Elevate concentrazioni di NO2 e SO2 favoriscono sinergie con il black carbon (BC).
BC e carbonio organico (OC) mostrano forti correlazioni con OPv.
In uno studio epidemiologico NO2 mostra un’alta correlazione con l’OP in merito alla prevalenza di diabete (3).
Il PM2.5 risulta prodotto maggiormente dal traffico nel centro di Los Angeles, mentre a Milano domina la combustione di biomasse (1); gli aerosol secondari (da reazioni fotochimiche) dominano ad Atene; il PM10 dalle raffinerie e la risospensione della sabbia a Riyadh; mentre il PM2.5 da emissioni industriali e da traffico a Beirut.   
Lo studio al ditiotreitolo in Italia ha riguardato un intervallo di 14 giorni tra il dicembre 2018 e il febbraio 2019, a Milano. La combustione delle biomasse è la fonte maggiore dell’attività redox del PM nell’area metropolitana, in particolare nei periodi più freddi dell’anno (1).
A Milano sono stati osservati alti livelli di carbonio organico idrosolubile (WSOC), un tracciante della combustione di biomasse durante la stagione fredda in assenza di fotochimica. 
Nitrati (NO3) e ammonio (NH4+) costituivano la più alta frazione di PM fra gli ioni inorganici (rispettivamente 224.75 e 91.05 mg 1 PM, fatto che rinforza ulteriormente l’impatto della combustione di biomasse sui livelli di PM).
Sempre a Milano i PAH per concentrazione di massa di PM erano più alti di altre località per quanto riguarda tutte le specie di PAH. I PAH sono composti cancerogeni che sono tipicamente rilasciati in fase di particolato durante la combustione incompleta di benzina e diesel come nella combustione di biomasse. A Milano il Fenantrene era 0,0124 ng/mg di PM, contro 0,0076 di Atene e 0,0042 di Riyadh. Valori record anche per il Fluorantene, il Pirene e il Benzofluorantene.
E ancora a Milano il DTT intrinseco di 65,29-+5,17 è maggiore di quello di Los Angeles durante il verificarsi di incendi. L’attività DTT è correlata in maniera significativa con il K+ (R. 0.94), un marcatore di combustione di biomasse riportato in letteratura. Una correlazione significativa è stata trovata fra WSOC e DTT.
In Lombardia, come in tutte le aree impattate dal superamento delle polveri sottili rispetto ai limiti suggeriti dall’UE, è fondamentale proseguire con politiche di incentivo alla riduzione dei consumi energetici domestici. Inoltre in Lombardia, per quanto riguarda la combustione di biomasse, oltre alle abitazioni di oltre 10 milioni di residenti sono presenti ben 100 impianti di combustione di rifiuti (13 inceneritori per rifiuti solidi urbani e 87 impianti per la combustione di rifiuti industriali in co-incenerimento); sono presenti oltre 500 impianti a biogas o biomasse, e sono presenti numerose istanze di rilascio di nuove autorizzazioni (fonte rapporto rifiuti Ispra).
A Roma, dopo un miglioramento importante della qualità dell’aria dal 2016 in poi, si sta assistendo a un nuovo peggioramento, e non fa ben sperare la riapertura del centro ai bus turistici e la richiesta di autorizzare un secondo inceneritore.
Per studiare gli effetti sulla salute del particolato atmosferico (oltre 46mila decessi anticipati in Italia nel 2021 secondo l’Agenzia Europea Ambientale) è importante anche conoscere la composizione del particolato stesso, e mirare le strategie di contenimento del danno alla riduzione dell’OP del particolato atmosferico: altrimenti la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale, in particolare per quanto riguarda le patologie respiratorie, sarà messa in forte dubbio.

Bibliografia
1. Farahani VJ, Altuwayjiri A, Pirhadi M, et al. The oxidative potential of particulate matter (PM) in different regions around the world and its relation to air pollution sources. Environ Sci Atmos 2022;2:1076-86.
2. ShuangYu Y, WeiJian L, YunSong X, et al. Characteristics and oxidative potential of atmospheric PM(2.5) in Beijing: source apportionment and seasonal variation. Sci Total Environ 2019;650(Pt1):277-87.
3. Strak M, Janssen N, Beelen R, et al. Long-term exposure to particulate matter, NO(2) and the oxidative potential of particulates and diabetes prevalence in a large national health survey. Environ Int 2017;108:228-36.