Usando questo sito si accetta l'utilizzo dei cookie per analisi, contenuti personalizzati e annunci.

Le interstiziopatie (Interstitial Lung Diseases, ILD) fibrosanti sono un gruppo di patologie con differenti eziologia e opzioni terapeutiche unificate però dal comportamento clinico progressivo e non responsivo al trattamento specifico (1). Il prototipo della ILD fibrosante è la fibrosi polmonare idiopatica (Idiopathic Pulmonary Fibrosis, IPF), ma diverse ILD possono manifestare un pattern radiologico e funzionale ed un andamento clinico che le rende simili alla IPF; vengono definite ILD fibrosanti e a differenza dell’IPF riconoscono una etiologia. Sono la Polmonite Cronica da Ipersensibilità (Hypersensitivity Pneumonitis, HP), le ILD collegate a malattie connettivali ad eziologia autoimmunitaria (Connective Tissue Diseases-ILD, CD-ILD) principalmente, ma non solo, sclerodermia e artrite reumatoide, e la polmonite interstiziale non specifica (Nonspecific Interstitial Pneumonia, NSIP), oltre ad alcune forme di UIP (Usual Interstitial Pneumonia) non rispondenti ai criteri diagnostici di IPF. Queste ILDs con aspetto clinico radiologico e funzionale di fibrosi dovrebbero teoricamente rispondere alla terapia immunosoppressiva o eliminazione dell’antigene, nel caso dell’HP, ma un consistente sottogruppo si comporta come fibrosi polmonare progressiva nonostante la terapia intrapresa.
La ILD fibrosante è dunque il fenotipo di una malattia che continua a progredire nonostante il trattamento diretto alla diagnosi specifica. La definizione di ILD progressiva fibrosante si basa su dati radiologici funzionali e clinici condivisi nel Gruppo Multidisciplinare (GM).
Dal momento che l’uso dei farmaci antifibrosanti pirfenidone e nintedanib si è consolidato nel trattamento dell’IPF, sono iniziati studi multicentrici per testarne l’efficacia anche nelle ILDs progressive fibrosanti. Così nel 2019 lo studio SENSCIS (2) ha dimostrato l’efficacia del nintedanib nel rallentare il declino funzionale nella ILD fibrosante correlata alla Sclerosi Sistemica (SS) e lo studio INBUILD (3) ha evidenziato l’efficacia del nintedanib nell’attenuare la progressione di malattia nelle principali ILD fibrosanti: HP, CTS-ILDs, NSIP idiopatica e ILD idiopatica non classificabile.
Anche il pirfenidone è stato testato in pazienti con ILD fibrosante progressiva con dati meno chiari o in corso di pubblicazione con uno studio anche sulla sarcoidosi fibrosante progressiva in associazione con cortisone.
Gli autori ritengono che esistano importanti aree di incertezza nella definizione, diagnosi e gestione di queste patologie ed è per questo che si è creato un gruppo di lavoro al terzo summit internazionale ILD (Erice, 2019) con lo scopo di chiarire i punti essenziali riguardanti definizione, diagnosi e trattamento delle ILDs fibrosanti progressive, fornire raccomandazioni basate sull’evidenza e proporre le aree di ricerca prioritarie. La definizione di ILDs fibrosante progressiva, recuperando i dati degli studi pubblicati e già citati, è attribuita quando la malattia continua a progredire nonostante il trattamento appropriato basato sulla etiologia. Quindi il trattamento antifibrosante deve essere un trattamento di seconda linea. Una flow chart evidenzia che se è presente una diagnosi di CTD o HP il trattamento deve essere in prima linea immunosoppressivo e abolizione dell’antigene noto e se la diagnosi è di una ILD inclassificabile il deterioramento clinico e funzionale sarà determinato dal follow-up. In entrambi i casi il follow-up dovrà essere di 24 mesi. La flow chart fa riferimento alla pratica clinica, a mio parere il follow-up di 24 mesi è davvero lungo in quanto sovente HP o NSIP fibrosanti non hanno possibilità di trattamento di prima linea e il paziente ha già una storia clinica di deterioramento clinico funzionale in assenza di precedenti accertamenti diagnostici.
È da segnalare che una ampia survey internazionale di esperti ILD stima che il 18-32% dei pazienti con ILD non IPF sviluppi una patologia fibrosante progressiva e che il tempo dall’inizio dei sintomi alla morte sia di 61-80 mesi.
Una diagnosi specifica di ILD progressiva fibrosante è necessaria sia per assicurare al paziente la terapia più adeguata che per scartare il trattamento antifibrosante quando non sia indicato per evitare effetti collaterali non necessari e per la spesa a carico del servizio sanitario. Quindi il GM è impegnato nel seguire le linee guida e se necessario prevedere la diagnostica più invasiva con lavaggio broncoalveolare o criobiopsia quando sussistano dubbi diagnostici.
Ma quali pazienti rischiano di sviluppare ILD fibrosante progressiva? Indipendentemente dalla diagnosi specifica, il pattern UIP, le bronchiettasie da trazione, la progressione rapida, l’assenza di risposta alla terapia specifica, l’età e la presenza dei “telomeri corti” sono fattori predisponenti, per la SS anche la presenza di reflusso gastroesofageo e l’etnia africana, per l’artrite reumatoide il tabagismo e per la HP la diagnosi basata solo sulla linfocitosi nel BAL senza identificazione dell’antigene.
Optimal management: l’ultima parte dell’articolo propone un percorso ottimale per i pazienti con ILD fibrosante progressiva sulla base delle certezze fino ad ora acquisite: diagnosi precoce ed accurata, eliminazione dell’antigene noto per HP, inizio tempestivo della terapia immunosoppressiva a dosaggio appropriato e follow-up clinico con test funzionali ogni tre mesi. La scelta del farmaco immunosoppressore, il dosaggio e la via di somministrazione vanno personalizzati. Se interviene evidenza di progressione è possibile che il miglior trattamento consista nella combinazione di terapia immunosoppressiva e antifibrosante, come la combinazione di micofenolato mifetile con nintedanib (studio SENSCIS) in pazienti con SS-ILD o pirfenidone (uILD trial) (4) in pazienti con ILD inclassificabile che è ben tollerata. La diagnosi di IPF deve essere esclusa con certezza perché l’immunosoppressione in IPF aumenta il rischio di morte.
Al presentarsi della progressione in ILD fibrosante progressiva, la decisione se incrementare l’immunosoppressione con altri farmaci (prednisone endovena, cyclophosfamide o rituximab) (5), introdurre una seconda linea con farmaco antifibrosante, combinare terapia immunosoppressiva ed antifibrosante è di pertinenza del GM che segue il paziente dalla diagnosi e durante il successivo follow-up con frequenza ogni tre mesi. Con questo approccio il GM è in grado di modulare l’evolversi della malattia del paziente con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita e la sopravvivenza.
L’articolo conclude indicando una serie di proposte di studi per chiarire le molte incertezze presenti nella comprensione e nel management delle ILD fibrosanti progressive; dovendo scegliere tra le 16 proposte sceglierei studi longitudinali di coorte nei pazienti con specifici sottogruppi di ILD e in quali pazienti possa essere più efficace la terapia combinata immunosoppressiva e antifibrosante.


Bibliografia

1) Wells AU, Brown KK, Flaherty KR, et al.; IPF Consensus Working Group. What’s in a name? That which wecall IPF, by any other name would act the same. Eur Respir J 2018;51:1800692.
2) Distler O, Highland KB, Gahlemann M, et al. Nintedanib for systemic sclerosis-associated interstitial lung disease. N Engl J Med 2019;380:2518-28.
3) Flaherty KR, Wells AU, Cottin V, et al. Nintedanib in progressive fibrosing interstitial lung diseases. N Engl J Med 2019;381:1718-27.
4) Guenther A, Prasse A, Neuser P, et al. Late breaking abstract - Exploring efficacy and safety of oral pirfenidone for progressive, non-IPF lung fibrosis (RELIEF). Eur Respir J 2019;54(Suppl. 63):RCT1879.
5) Keir GJ, Maher TM, Ming D, et al. Rituximab in severe, treatment-refractory interstitial lung disease. Respirology 2014;19:353-9.