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Il presente articolo propone un trial randomizzato prospettico sull’applicazione di un programma di mobilizzazione precoce in soggetti ricoverati in terapia intensiva e sottoposti a ventilazione meccanica invasiva, rispetto ai programmi classici di mobilizzazione in pazienti critici in terapia intensiva (ICU). Ogni anno nel mondo tra i 13 e i 20 milioni di soggetti ricevono trattamenti in ICU e di questi circa il 40% sviluppa una condizione che prende il nome di “Debolezza acquisita in terapia intensiva- (ICUAW)” (1) una patologia che interessa il sistema muscolo scheletrico e che riconosce la sola causa eziologica nello sviluppo di una “critical illness neuropathy o myopathy”. In studi iniziali su popolazioni limitate di soggetti, la mobilizzazione precoce ha dato risultati positivi sulla prevenzione della ICUAW in soggetti sottoposti a ventilazione meccanica invasiva in terapia intensiva (2-4). La ICUAW costituisce una condizione di aumentato rischio di mortalità, prolungamento del ricovero e ridotto recupero dei soggetti ricoverati in terapia intensiva, e ha nell’immobilità del sistema muscolo scheletrico dopo 48 h di ventilazione invasiva uno, anche non l’unico, dei meccanismi fisiopatologici del suo sviluppo (1). 
Lo studio svolto in 49 paesi su un arco temporale di circa 3 anni da Febbraio 2018 a Novembre 2021 ha arruolato 750 pazienti con condizioni simili di gravità (APACE II SCORE: 18,2 media+6.8) randomizzandoli in due gruppi e valutandone gli esiti a 180 giorni dopo l’ingresso in terapia intensiva. Un gruppo ha eseguito un programma di riabilitazione precoce, il secondo eseguiva un programma trattamento usuale. Outcome primario è stato la sopravvivenza a 180 giorni, tra i due gruppi, outcomes secondari erano invece la qualità della vita residua, la disabilità residua, l’attività quotidiana e il deterioramento cognitivo.
L’approccio riabilitativo precoce nel gruppo sottoposto a mobilizzazione precoce consisteva in una più rapida riduzione della sedazione e in un intervento precoce da parte di un fisioterapista esperto che metteva in atto per ogni paziente il massimo della mobilizzazione possibile e per il maggior tempo possibile, tollerato da ciascun paziente in base alla comparsa di fatica e in base alle condizioni cliniche del soggetto. Nel gruppo sottoposto a intervento riabilitativo precoce i minuti giornalieri di riabilitazione sono stati 20.8+14 rispetto a 8+9 minuti del gruppo con trattamento ordinario e nel gruppo di intervento un fisioterapista ha assistito il paziente per il 94% delle giornate di degenza in terapia intensiva rispetto all’81% delle giornate dei soggetti del gruppo di controllo.
Gli autori non hanno trovato nessuna differenza statistica sull’outcome primario tra i 2 gruppi con una differenza in valore assoluto di solo due giorni di sopravvivenza a favore del gruppo di soggetti sottoposti a mobilizzazione precoce, nessuna differenza sulla durata della degenza sugli altri outcomes secondari.
In più sono stati riscontrati seri eventi avversi in 7 pazienti sottoposti a mobilizzazione precoce rispetto a 1 solo paziente che ha eseguito il trattamento tradizionale. Tale differenza non è risultata essere statisticamente significativa, ma gli eventi avversi sono stati di natura aritmica, cardiocircolatoria e di desaturazione.
A differenza di precedenti riscontri di letteratura sembra quindi che un approccio riabilitativo molto precoce in soggetti ricoverati in terapia intensiva e sottoposti a ventilazione invasiva non sia efficace a prevenire una ICUAW ed entro certi limiti possa portare il soggetto a sviluppare con maggiore frequenza degli eventi avversi anche gravi. Questo dato per quando eclatante merita alcune considerazioni che permettano una migliore comprensione e adeguata interpretazione del risultato:

  • In questo trial vengono confrontate due popolazioni che comunque anche se in maniera differente sono sottoposte a programmi riabilitativi in terapia intensiva, il gruppo di controllo ha eseguito programmi di mobilizzazione per l’81% dei giorni di degenza in terapia intensiva, nei precedenti trial la percentuale media raggiungeva al massimo il 32% (2-4)
  • Il programma riabilitativo proposto richiedeva secondo disegno dello studio il raggiungimento del massimo sforzo, per il maggior tempo tollerato e con la massima mobilizzazione possibile, a differenza dei programmi abituali che sono raramente massimali
  • Il disegno dello studio prende in considerazione il percorso riabilitativo nella fase precoce, durante la degenza in ICU. Il trattamento e la presa in carico della ICUAW è invece un programma lungo dove la riabilitazione prosegue nei vari setting, con intensità e risultati differenti. La maggioranza dei pazienti studiati non ha seguito questo percorso.

A partire da queste considerazioni in un sistema con risorse finite, questo studio pone quindi l’attenzione sul fatto che il percorso riabilitativo indispensabile per i pazienti con ICUAW merita una maggiore attenzione all’allocazione delle risorse e dell’intervento in setting che sono differenti da quelli della terapia intensiva.

Bibliografia

  1. Fan E, Cheek F, Chlan L, et al. An official American Thoracic Society Clinical Practice guideline: the diagnosis of intensive care unit-acquired weakness in adults. Am J Respir Crit Care Med 2014;190:1437-46.
  2. Kress JP, Hall JB. ICU-acquired weakness and recovery from critical illness. N Engl J Med 2014;370:1626-35.
  3. Denehy L, Skinner EH, Edbrooke L, et al. Exercise rehabilitation for patients with critical illness: a randomized controlled trial with 12 months of follow-up. Crit Care 2013;17(4):R156.
  4. Morris PE, Berry MJ, Files DC, et al. Standardized rehabilitation and hospital length of stay among patients with acute respiratory failure: a randomized clinical trial. JAMA 2016;315:2694-702.