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In pazienti con Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO), la mortalità entro un anno dalla dimissione per un episodio di riacutizzazione è stimata intorno al 26% (1). L’accesso ad un programma di Riabilitazione Respiratoria (PR) dopo un episodio di riacutizzazione che abbia richiesto il ricovero ospedaliero, oltre ad essere associato alla riduzione del rischio di riammissione, sembra produrre una riduzione della mortalità. Due precedenti review sistematiche e metanalisi (2, 3) hanno, tra gli altri risultati, mostrato una associazione tra PR e riduzione della mortalità, ma il numero complessivo di pazienti rimaneva comunque modesto. È peraltro da ricordare che, indipendentemente dalle conferme sugli ambiti di efficacia di PR, il problema più grande resta comunque l’accesso al trattamento che, come ricordato da Spitzer e coll. (4) in un articolo pubblicato sugli Annali della American Thoracic Society e commentato da Francesco D’Abrosca su questa rubrica nel marzo dello scorso anno, è molto modesto: negli Stati Uniti, circa il 2% degli assistiti da Medicare entro sei mesi dal ricovero per un episodio di riacutizzazione veniva indirizzato ad un programma di PR. Gli stessi Autori, in un recente articolo apparso su JAMA il 12 maggio 2020, hanno presentato uno studio retrospettivo di coorte che ha esaminato la presenza dell’associazione tra inizio della PR entro 90 giorni dalla dimissione per un ricovero ospedaliero per riacutizzazione e la mortalità per tutte le cause ad un anno, in 197.376 pazienti assistiti da Medicare. Soltanto 2.721 pazienti (1,5%) della popolazione in studio aveva iniziato il trattamento riabilitativo entro 90 dalla dimissione; in media i pazienti completavano 9 sedute riabilitative nell’arco del periodo di 90 giorni (range 4-14). Lo studio non fornisce alcun dettaglio sulle caratteristiche del trattamento. Il gruppo di controllo era costituito dai pazienti che effettuavano PR oltre i 90 giorni o non effettuavano trattamento. L’inizio di PR entro 90 giorni era associato ad un più basso rischio di morte ad un anno (198 pazienti deceduti, 7,3% dei pazienti del gruppo di studio) rispetto al gruppo di controllo che non iniziava PR entro 90 giorni o non la effettuava (38.104 pazienti deceduti, 19,6%). Inoltre, il dato di mortalità minore era evidente sia che la PR venisse iniziata precocemente (entro 30 giorni dalla dimissione), tra 31 e 60 giorni o tra 61 e 90 giorni dopo la dimissione. Ancora, la valutazione in termini di numero di sessioni riabilitative completate indicava che ogni tre sessioni aggiuntive entro i 90 giorni si associava una riduzione del rischio di morte.
Lo studio ha il pregio di utilizzare una popolazione molto ampia per discutere di un problema poco affrontato dagli studi sugli effetti della PR. È comunque gravato da una serie di limiti. Non è uno studio randomizzato e questo potrebbe implicare che pazienti che partecipavano a PR entro 90 giorni fossero in qualche modo differenti. I pazienti che partecipavano a PR erano significativamente più giovani e abitavano in prossimità della sede del programma riabilitativo, erano prevalentemente di sesso maschile, avevano un più basso livello di comorbilità e di fragilità. Tali differenze sono state parzialmente superate dagli Autori utilizzando una coorte di 2.710 pazienti più simile alla coorte di studio, ma gli stessi Autori erano consapevoli della impossibilità di ridurre i fattori confondenti. Lo studio inoltre prevedeva tra i criteri di esclusione la degenza ospedaliera prolungata e la permanenza in una struttura di lungodegenza o intermedia per almeno 30 giorni, escludendo quindi una popolazione di pazienti che sicuramente avrebbe potuto trarre beneficio da PR in termini di autonomia e/o riammissioni in ospedale, così come erano esclusi pazienti più giovani (di età inferiore a 65 anni). Il lavoro non affronta i meccanismi mediante i quali la PR migliori la sopravvivenza, così come non sono citate le cause di morte, fatto che preclude la possibilità di determinare se la PR sia associata ad una riduzione di mortalità per BPCO rispetto ad altre cause.
Nonostante i limiti, lo studio ha il merito di aver posto l’accento su un outcome forte, la mortalità, utilizzando una coorte di pazienti che, seppure modesta rispetto al numero complessivo della popolazione analizzata (più di 190.000 soggetti con BPCO), è comunque notevolmente superiore rispetto ai campioni presi in esame da studi precedenti (2, 3). Le stime riportate dallo studio sono simili a quanto osservato negli studi precedenti e questo corrobora e supporta quei risultati. In più, questo studio fornisce dati sugli effetti del trattamento rispetto al periodo di inizio dello stesso, mostrando che la riduzione di mortalità è associata ad un range di tempi di inizio trattamento variabili dai 30 agli oltre 60 giorni, e che quindi un ritardo nell’inizio del trattamento oltre le tre-quattro settimane attualmente raccomandate non ne modifica gli effetti. Ulteriore importante osservazione è l’associazione statisticamente significativa tra il numero di sessioni completate e la sopravvivenza. È quindi auspicabile che un risultato evidente del trattamento riabilitativo in termini di mortalità possa contribuire a rendere prioritaria la PR come componente chiave del programma di cura del paziente BPCO, posto che le spetta sulla base delle evidenze ormai accumulate nel corso degli anni.
 

Bibliografia

  1. Lindenauer PK, Dharmarajan K, Qin L, et al. Risk trajectories of readmission and death in the first year after hospitalization for chronic obstructive pulmonary disease. Am J Respir Crit Care Med 2018;197:1009.
  2. Puhan MA, Gimeno-Santos E, Cates CJ, Troosterset T. Pulmonary rehabilitation following exacerbations of chronic obstruction pulmonary disease. Cochrane Database Syst Rev 2016;12:CD005305.
  3. Ryrsø CK, Godtfredsen NS, Kofod LM, et al. Lower mortality after early supervised pulmonary rehabilitation following COPD-exacerbations: a systematic review and meta-analysis. BMC Pulm Med 2018;18:154.
  4. Spitzer KA, Stefan MS, Priya A, et al. Participation in pulmonary rehabilitation after hospitalization for chronic obstructive pulmonary disease among Medicare beneficiaires. Ann Am Thorac Soc 2019;16:99.