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La toracoscopia o pleuroscopia rappresenta una metodica diagnostica e terapeutica importante nella storia della pneumologia, e vede gli albori nel trattamento delle aderenze tubercolari che impedivano la collassoterapia (1). Tuttavia, nonostante in alcune realtà non sia mai stata abbandonata, la toracoscopia ancora oggi non è parte integrante del bagaglio culturale delle pneumologie interventistiche, spesso lasciata ai colleghi chirurghi.
Sia la toracoscopia chirurgica o VATS (Video Assisted Thoracic Surgery) che quella medica permettono di esplorare il cavo pleurico ed effettuare biopsie mirate della pleura parietale, viscerale e del parenchima polmonare o altre manovre endoscopiche come il talcaggio (2).
Le principali indicazioni alla toracoscopia medica sono strettamente legate alla patologia pleurica, in particolare la diagnosi e il trattamento del versamento pleurico, dell’empiema e dello pneumotorace (3).
La procedura prevede una prima fase di individuazione mediante imaging (ecografica e radiografica) del cavo pleurico e del punto d’ingresso, la successiva incisione e divaricazione dei piani cutanei e muscolari, e infine l’introduzione di un Trocar attraverso il quale introdurre l’ottica e le pinze. Con le pinze rigide da biopsia, sia ottiche che non, si possono ottenere campioni ampi e profondi, sufficienti per esami istologici e indagini molecolari.
Esistono tuttavia situazioni particolari in cui non è possibile eseguire prese bioptiche con la strumentazione standard, per questo motivo da alcuni anni sono in commercio strumenti semirigidi, simili a broncoscopi che permettono di aggirare il problema. Attraverso questi è possibile far passare pinze flessibili che, a differenza delle pinze rigide, non permettono di ottenere campioni ampi e profondi, aumentando così il numero di passaggi e i tempi della procedura.
Le criosonde già usate nelle interstiziopatie come alternativa alle biopsie sono impiegate per ottenere campioni di dimensioni maggiori rispetto alle pinze flessibili. Queste sfruttando il principio di Joule-Thompson congelano il tessuto attorno alla punta della sonda che viene successivamente staccato applicando una forza di trazione.
In letteratura si possono trovare studi di confronto tra criobiopsia e pinze flessibili: la maggior parte ha dimostrato una resa simile con le due tecniche, pur con campioni di maggiori dimensioni e maggiore profondità nel caso delle criosonde, tuttavia studi randomizzati non erano disponibili (4, 5). Gli Autori dell’articolo che vi propongo hanno per primi strutturato uno studio randomizzato di confronto tra le due metodiche eseguite durante toracoscopia con strumento semirigido.
Nell’arco di 4 anni sono stati valutati 201 pazienti affetti da versamento pleurico aspecifico, di questi 151 sono stati esclusi per la presenza di aderenze e inviati alla toracoscopia rigida, per età, ipossiemia, instabilità emodinamica, cardiopatie (infarto del miocardio o angina instabile) e coagulopatie.
I 50 pazienti arruolati sono stati randomizzati nei due bracci criobiopsia seguita da biopsia flessibile verso biopsia flessibile seguita da criobiopsia. Le biopsie pleuriche sono state eseguite con le due tecniche in sequenza secondo il gruppo assegnato. In caso di diffuso coinvolgimento pleurico le prese bioptiche venivano eseguite in aree differenti, viceversa nelle forme localizzate venivano eseguite nella stessa sede. Mediamente sono state eseguite il doppio delle prese bioptiche con pinza flessibile rispetto alle criobiopsie. Il tempo di attivazione della criosonda è stato di 3s, in caso di mancato campionamento veniva aumentato a 6s stabilendo che dopo 8 tentativi veniva sospesa la criobiopsia (inefficace). Entrambi i campioni sono stati conservati in formalina e, considerazione importante, inviati in cieco al patologo.
La resa diagnostica fissata come outcome primario risultata sovrapponibile nei campioni di tessuto pleurico ottenuti mediante criosonda (78%) rispetto alle pinze flessibili (76%), senza significative variazioni rispetto alla resa delle procedure combinate (86%).
Tra gli outcome secondari sono state osservate le differenze a favore della criosonda per le dimensioni del tessuto (7,0 vs 4,0mm) e i tempi delle procedure (10 contro 15 min), mentre non sono state osservate variazioni nell’interpretabilità dei campioni, la presenza di artefatti istopatologici ed infine nell’entità delle complicanze emorragiche. I risultati raggiunti risultano in linea con quelli della letteratura disponibile, tuttavia è interessante soffermarsi sulle discordanze diagnostiche legate alle due procedure. Analizzando i cinque casi in cui la diagnosi è stata ottenuta solo con le criosonde, appare evidente come le dimensioni dei campioni ottenuti con quest’ultime abbiano svolto un ruolo fondamentale. Lo stesso ragionamento non può essere fatto nei due casi in cui la diagnosi è stata ottenuta solo con le pinze flessibili: questo è probabilmente legato ad un limite fisico delle criosonde nell’ottenere campioni se usate tangenzialmente alla superficie pleurica.
Un altro dato interessante si deduce in quei pazienti in cui sia le criosonde che le pinze flessibili non hanno prodotto una diagnosi. In questi casi solo la toracoscopia medica con strumentazione tradizionale ha permesso di raggiungere una diagnosi, e la tubercolosi è risultata quella più frequente, dimostrando che questa patologia entra in diagnosi differenziale più frequentemente di quanto pensiamo, e soprattutto come la toracoscopia sia la scelta diagnostica da preferire.
Lo studio conferma da un lato i dati della letteratura e pone le basi per ulteriori approfondimenti con campioni più ampi e soprattutto un coinvolgimento multicentrico. Gli spunti di riflessione sono comunque interessanti e ci ricordano come la toracoscopia debba essere patrimonio di tutta la pneumologia, in particolare della pneumologia interventistica.


Bibliografia

  1. Jacobaeus HC. The practical importance of thoracoscopy in surgery of the chest. Surg Gynecol Obstet 1922;34:289-96.
  2. Ernst A, Silvestri GA, Johnstone D; American College of Chest Physicians. Interventional pulmonary procedures. Guidelines from the American College of Chest Physicians. Chest 2003:1693-717.
  3. Antony VB, Loddenkemper R, Astoul P, et al. Management of malignant pleural effusions. Am J Respir Crit Care Med 2000;162:1987-2001.
  4. Maturu VN, Sehgal IS, Dhooria S, et al. Pleuroscopic cryobiopsy: case series and systematic review. J Bronchology Interv Pulmonol 2015;22:e11-3.
  5. Wurps H, Schönfeld N, Bauer TT, et Intrapatient comparison of parietal pleural biopsies by rigid forceps, flexible forceps and cryoprobe obtained during medical thoracoscopy: a prospective series of 80 cases with pleural effusion. BMC Pulm Med 2016;16:98.