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L’utilizzo della criosonda sta entrando di prepotenza nella diagnostica delle pneumopatie infiltrative diffuse. Uno dei gruppi con maggiore esperienza è quello italiano dell’Ospedale G.B. Morgagni di Forlì. Proprio da questo gruppo nel marzo ultimo scorso è stato prodotto un lavoro, che insieme ad altri pubblicati nello scorso anno, potrebbe modificare l’approccio alla patologia interstiziale diffusa del polmone.
Secondo le più recenti linee guida, la biopsia chirurgica (SLB) con la metodica di chirurgia toracoscopica video assistita (VATS) è il gold standard nella patologia parenchimale diffusa del polmone (1).
Il lavoro permette di chiarire due aspetti fondamentali in merito a questa procedura. Da un lato confrontare la criobiopsia (TBLC) con la biopsia chirurgica in termini di resa diagnostica e sicurezza e dall’altro effettuare una review della letteratura ed una metanalisi dei medesimi parametri.
Lo studio è retrospettivo, ma di certo ha un forte potere dal punto di vista dei numeri: 150 SLB (dal 2003 al 2015) e 297 TBLC (dal 2011 al 2015). E’ stato possibile porre una diagnosi con SLB nel 98,7% e con TBLC nel 82,8% (p = 0,013). Uno dei primi dati che risalta è la lunghezza della degenza legata alle due procedure, rispettivamente SLB 6,1 TBLC 2,6 (p < 0,0001).
Le complicanze nei due gruppi sono significativamente diverse. La mortalità nel gruppo chirurgico è stata osservata nel 2,7% [4 pazienti tutti deceduti per riacutizzazione di patologia (AE-IPF)] e il 20% degli eventi avversi (4/20) sono stati fatali. La mortalità del gruppo TBLC è dello 0,3% sempre per AE-IPF a circa una settimana dalla procedura. La complicanza più comune nella criobiopsia è stato lo pneumotorace nel 20,2% dei pazienti e di questi il 15,5% hanno necessitato di tubo di drenaggio. Nessun paziente ha avuto emorragie severe.
Per quanto riguarda, invece, la review della letteratura in merito alla criobiobiopsia, la resa diagnostica su 781 pazienti è 0,81 peraltro con una certa eterogenicità tra i vari studi presi in considerazione.
Le complicanze sono state invece valutate in 994 pazienti di cui il 10% ha avuto pneumotorace (100 pazienti di cui 70 hanno richiesto posizionamento di tubo di drenaggio), 0,4% insufficienza respiratoria transitoria, 0,2% convulsioni, 0,1% AE-IPF, 0,1% morte, 0,1% perdita aerea prolungata.
I dati di letteratura ci dimostrano come, quando si sospetta una diagnosi di IPF, bisogna ben pesare i rischi/benefici nell’eseguire una biopsia chirurgica, in quanto le complicanze sono piuttosto frequenti e nel 2-6% dei casi arrivano ad essere fatali per il paziente.
I dati del lavoro possono almeno in parte dimostrare come, nonostante la biopsia chirurgica è leggermente avvantaggiata dal punto di vista della resa diagnostica, di certo la criobiopsia è una procedura maggiormente sicura. La mortalità nella biopsia chirurgica è del 2-6%, mentre nella cribiopsia è del 0,1%. Minore è l’ospedalizzazione nei pazienti sottoposti a TBLC ed in alcuni centri i pazienti vengono sottoposti alla procedura in regime di day surgery.
Non ultima per importanza è la questione dei costi: la VATS ha costi più elevati di una procedura eseguita in sala endoscopica e comporta una degenza più prolungata.
A nostro parere, dato di importanza rilevante è quello dei pazienti che sono stati sottoposti a criobiopsia e successivamente a VATS, in quanto la prima procedura non era stata diagnostica. Nonostante il numero di ridotto, è importante sottolineare come il rischio finale di mortalità considerando TBLC e VATS insieme va dal 0,3% al 1,4% che comunque è significativamente minore rispetto alla VATS da sola.
Tenendo conto che il disegno del lavoro abbia delle limitazioni legate al fatto che è retrospettivo, effettuato in un singolo centro e che confronta dati di popolazioni differenti, di certo conferma i dati di letteratura pubblicati in precedenza. Gli autori concludono che la criobiopsia è una procedura sicura con basso tasso di complicanze. La TBLC, con la forza di queste considerazioni, dovrebbe essere considerata dal gruppo multidisciplinare come primo approccio diagnostico nei pazienti UIP “possible” o “inconsistent” (2), e l’approccio chirurgico dovrebbe essere riservato ad una minoranza dei casi e in cui la criobiopsia non si è dimostrata diagnostica (3).
Abbiamo voluto segnalarvi questo lavoro per porre l’accento su come l’uso della criosonda stia prendendo piede nei maggior centri italiani di Pneumologia Interventistica. La metodica è di semplice esecuzione, ma bisogna sempre tenere in considerazione che deve essere eseguita in centri ad alta specializzazione, in grado di utilizzare un broncoscopio rigido (scelta peraltro consigliata rispetto al tubo endotracheale o al solo broncoscopio flessibile), ma soprattutto di saper gestire le complicanze che possono non essere banali.

Bibliografia
1. Raghu G, Collard HR, Egan JJ, et al. An official ATS/ERS/JRS/ALAT statement: idiopathic pulmonary fibrosis: evidence-based guidelines for diagnosis and management. Am J Respir Crit Care Med 2011;183:788-824.
2. Tomassetti S, Albera C, Aronne D, et al. Documento AIPO-SIMeR sulla Fibrosi Polmonare Idiopatica. Rass Patol App Respir 2015;30 (Suppl. 1):1-29.
3. Maldonando F, Moua T, Skalski J. Parenchimal cryobiopsies for interstitial lung disease: a step forward in disease management. Respirology 2014;19:773-4.