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Roede nella pubblicazione segnalata offre un utile contributo alla questione della esacerbazione della BPCO presentando uno studio in cui vengono paragonati due gruppi di pazienti con riacutizzazione della citata patologia, simili per età, uso di farmaci respiratori e di farmaci non respiratori (diabete, patologia cardiovascolare): l'uno in trattamento con cortisonici orali e antibiotici (doxiciclina, amoxicillina, amoxicllina-acido clavulanico, eritromicina, azitromicina, claritromicina, ciprofloxacina, moxifloxacina e levofloxacina), l'altro solo con antibiotici.

Emerge dai dati esposti che nei pazienti in trattamento con cortisonici orali durante una riacutizzazione di BPCO, l'aggiunta di antibiotici era associata a un ridotto rischio di una successiva riacutizzazione (questo fenomeno era particolarmente pronunciato per quanti soffrivano di ripetute esacerbazioni); inoltre, durante il follow-up, veniva osservato un vantaggio circa la sopravvivenza nel gruppo di pazienti trattati con cortisone e antibiotici.

L'argomento offre lo spunto per ricordare che, nonostante l'impegno della comunità scientifica, il trattamento della riacutizzazione della BPCO non è ancora materia disciplinata in modo del tutto esaustivo, orientata e influenzata di volta in volta da risultati e studi scientifici spesso contrastanti. Secondo alcuni autori, ad esempio, in contrasto con il diffuso impiego di antibiotici nella pratica clinica, solamente i pazienti con gravi sintomi e/o compromessa funzionalità respiratoria sembrano trarre beneficio dalla terapia antibiotica; secondo altri, l'uso degli antibiotici nella esacerbazione della BPCO, rispetto al placebo, consentirebbe una ripresa per un breve periodo ma con esiti a distanza non significativi.

Premesso che la principale causa di riacutizzazione di una BPCO è rappresentata da un’infezione respiratoria, che i segni di una esacerbazione consistono in incremento della dispnea, aumento di volume dell’escreato, purulenza dell’escreato, giova ricordare che è stato comunque accertato che un trattamento corretto che riesca a coincidere con una augurabile eradicazione dei germi “incriminati” consente una dilatazione più ampia delle fasi di quiescenza del processo infiammatorio-infettivo rispetto ad un trattamento non idoneo in cui più corto è il tempo fra una riacutizzazione e la successiva (ne è testimonianza in questo senso un famoso grafico di Miravitlles).

Non di secondaria importanza si rivela la scelta dell'idonea sede di trattamento della riacutizzazione (domicilio, dipartimento di emergenza per ulteriori valutazioni, ricovero in reparti di Medicina Interna, ricovero in Pneumologia, ricovero in UTIR, ricovero in UTI). Se un adeguato intervento della fase di esacerbazione della BPCO è certamente auspicabile, più estensivamente l'appropriatezza di tutto il processo clinico-terapeutico, in tale patologia, è di per sè aspetto favorevole alla prevenzione delle riacutizzazioni. In buona sostanza ciascuna fase della gestione della malattia, che riveste, come è noto, una enorme importanza in termini epidemiologici, clinici e socio-economici, concorre infatti al contenimento delle recidive e contestualmente della morbosità e mortalità: - Controllo dei fattori di rischio: prevenzione e cessazione dell’abitudine al fumo, sorveglianza dell'esposizione professionale; - Diagnosi precoce della malattia; - Gestione della BPCO stabilizzata: terapia farmacologica e non farmacologica.

La prima si estrinseca in misure terapeutiche di carattere preventivo (vaccinazione antinfluenzale, vaccinazione antipneumococcica) e nella somministrazione di farmaci. Accanto ai farmaci di ben noto impiego, come broncodilatatori e cortisonici, vengono spesso utilizzati i mucolitici la cui evidenza di efficacia è stata più volte definita carente. In un lavoro, tuttavia, pubblicato sulla rivista Lancet (Jin-Ping Zheng et al. Effect of carbocisteine on acute exacerbation of chronic obstructive pulmonary disease, PEACE Study: a randomised placebo-controlled study. Lancet 2008;371:2013-18) gli autori hanno evidenziato che il trattamento di 1 anno con carbocisteina riduceva le riacutizzazioni del 24%. La terapia non farmacologica, come è noto, è rappresentata da: trattamento riabilitativo, OLT, NIV.

Dal momento pertanto che i dati che provengono dai recenti e numerosi studi prodotti sul tema della riacutizzazione nella BPCO, tra l'altro non semplici da effettuare per una serie di elementi variabili da non sottovalutare (es. eterogeneità della popolazione presa in esame), non sono uniformi e necessitano di ulteriori approfondimenti e di condivise conferme, non vi è dubbio che la promozione di azioni individuali e collettivi di carattere preventivo, l'ampliamento delle diagnosi precoci e la razionale gestione del paziente con BPCO conformemente allo stadio di gravità, si traducono favorevolmente sulla fase delle riacutizzazioni.

A cura del Prof. Giovanni Puglisi