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Recenti studi di letteratura sembrano essere promettenti per un cambiamento radicale nella strategia terapeutica di prima linea del carcinoma polmonare non a piccole cellule (SCLC) che da decenni è rappresentata da un trattamento standard di chemioterapia a base di platino (carboplatino o cisplatino) in associazione ad etoposide (1). Infatti nonostante i tassi di risposta del 60-65%, la prognosi dei pazienti affetti da SCLC esteso resta infausta con una sopravvivenza globale (OS) di circa 10 mesi (2) ed una rapida progressione di malattia.
Interessanti sono i risultati riportati nella prestigiosa rivista The New England Journal of Medicine (NEJM) dello studio IMpower133 che ha valutato l’impiego di atezolizumab, PD-L1 inibitore, nel trattamento di prima linea dello SCLC.
I pazienti sono stati randomizzati in un rapporto 1:1 a ricevere carboplatino ed etoposide con atezolizumab o placebo per quattro cicli ogni 21 giorni (fase di induzione), seguiti da una fase di mantenimento durante la quale hanno ricevuto o atezolizumab o placebo fino a tossicità inaccettabile o assenza di beneficio clinico aggiuntivo.
I due obiettivi primari erano la OS e la sopravvivenza libera da progressione (PFS). Nello studio, 201 pazienti con SCLC avanzato di nuova diagnosi sono stati trattati con atezolizumab più chemioterapia standard a base di platino e 202 sono stati trattati con placebo più chemioterapia. Dopo un follow-up mediano di 13,9 mesi, sono stati resi noti i risultati ad interim che mostrano una OS di 12,3 mesi nel gruppo trattato con atezolizumab e di 10,3 mesi nel gruppo trattato con placebo e una PFS di 5,2 rispetto a 4,3 mesi, rispettivamente. Queste differenze sono piccole, ma statisticamente significative.
Sebbene il vantaggio in termini di OS sia stato solo di circa 2 mesi, questo rappresenta comunque un significativo progresso in questa neoplasia estremamente aggressiva.
Da notare, però, che tale vantaggio non è stato registrato nei pazienti con metastasi cerebrali trattate. Nonostante ciò, poiché è stato arruolato nel trial solo un piccolo numero di pazienti con metastasi cerebrali, non si può giungere ad una conclusione esaustiva e sono necessari ulteriori studi per indagare il ruolo dell'immunoterapia anche nei pazienti con SCLC con lesioni cerebrali secondarie. Importante notare che il profilo di tossictà di atezolizumab più carboplatino ed etoposide non si discosta da quello registrato per i singoli agenti.
L’analisi esploratoria dei sottogruppi ha mostrato che non vi è una chiara associazione tra beneficio con atezolizumab e i livelli di carico mutazionale tumorale (TMB) valutati su sangue venoso periferico. Questi dati sono contrastanti rispetto a studi precedenti che hanno invece suggerito un’associazione tra elevato TMB e maggior benefico in pazienti pretrattati con immunoterapia (3).
Nel complesso i risultati dello studio sono incoraggianti rispetto ad un precedente studio di fase III sempre sul SCLC che confrontava l’inibitore del checkpoint ipilimumab più chemioterapia verso la chemioterapia da sola, che, invece, non ha rilevato differenze tra OS o PFS tra i due bracci di studio (4). Si ritiene che i risultati discordanti possano indicare che l’inibizione di CTLA4 data da ipilimumab in combinazione con la chemioterapia non è vantaggiosa nel SCLC come invece lo è l’inibizione del PD-L1 di atezolizumab. Sebbene il meccanismo alla base dell’efficacia del regime di combinazione atezolizumab-chemioterapia non sia chiaro, gli Autori dello studio IMpower133 osservano che atezolizumab riesce ad attivare le cellule T nel microambiente tumorale.
Poiché lo SCLC è caratterizzato da alti tassi di risposta iniziale alla chemioterapia di prima linea seguita da una rapida recidiva, tipicamente di pochi mesi, si suggerisce un prolungamento del follow-up dei pazienti arruolati nello studio IMpower133 per avere ulteriori informazioni sull'impatto di atezolizumab sulla sopravvivenza a lungo termine.
I risultati di altri studi sul SCLC potrebbero essere pubblicati entro il prossimo anno. Infatti sono in corso trial clinici che valutano altri inibitori del checkpoint immunitario, sia in associazione con chemioterapia che in monoterapia, come terapia di mantenimento dopo chemioterapia a base di platino.
Futuri studi dovranno identificare il setting di pazienti maggiormente rispondenti alla terapia di combinazione rispetto alla sola chemioterapia. In questo modo si potrebbero evitare potenziali tossicità da immunoterapia in pazienti che non sono candidabili a tale trattamento.
Si spera che questo studio sia solo l’inizio di una nuova era comprendente terapie sempre più efficaci anche per lo SCLC avanzato. 

Bibliografia

  1. Stahel R, Thatcher N, Früh M, et al. 1st ESMO Consensus Conference in lung cancer; Lugano 2010: small-cell lung cancer. Ann Oncol 2011;22:1973-80.
  2. Farago AF, Keane FK. Current standards for clinical management of small cell lung cancer. Transl Lung Cancer Res 2018;7:69-79.
  3. Hellmann MD, Callahan MK, Awad MM, et al. Tumor mutational burden and efficacy of nivolumab monotherapy and in combination with ipilimumab in smallcell lung cancer. Cancer Cell 2018;33:853-861.
  4. Reck M, Luft A, Szczesna A, et al. Phase III randomized trial of ipilimumab plus etoposide and platinum versus placebo plus etoposide and platinum in extensive-stage small-cell lung cancer. J Clin Oncol 2016;34:3740-8.