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Finalmente si comincia a trarre risultati meno contraddittori e più utilizzabili nella pratica quotidiana circa il dibattuto problema della validità dello screening per il tumore del polmone. E’ più di un anno che sono stati pubblicati i risultati del National Lung Screening Trial americano. Lo studio ha coinvolto 53.454 pazienti fumatori od ex fumatori (da meno di 15 anni) di età superiore ai 55 anni con una storia di almeno 35 pack/years, randomizzati in 2 braccia: quella sperimentale con TC a basso dosaggio annuale e quella di controllo con una radiografia del torace anch'essa annuale. Lo studio è durato 3 anni e si è concluso con un follow up medio di 6,5 anni. I risultati come è noto hanno documentato una percentuale di decessi dovuti a cancro del polmone inferiore del 20% per il braccio sperimentale decretando il successo della metodologia diagnostica a basso dosaggio. Il successo del risultato è stato però offuscato da interrogativi e dubbi che possiamo riassumere in tre interrogativi principali:

  • la somministrazione di radiazioni ionizzanti a fini di screening incrementa il rischio di sviluppare un tumore in modo inaccettabile in confronto ai benefici attesi?
  • E’ possibile ridurre il rischio di falsi positivi in base alle attuali conoscenze clinico radiologiche?
  • E’ nozione comune che raramente i tumori possono avere una evoluzione molto lenta e non portare a morte il paziente; questi casi sono identificabili in modo da evitare al paziente un trattamento inappropriato?

Gli Autori di questo interessante lavoro tentano di dare una risposta a questi interrogativi sostanziali. Circa il rischio di esposizione a radiazioni cancerogene, rischio per altro variabile a seconda dell’organo, è stato attendibilmente calcolato che un soggetto di sesso femminile fumatore sottoposto a TC a basso dosaggio annuale dai 55 ai 75 anni incrementa il rischio di contrarre una patologia tumorale del polmone del 5% mentre, a parità di dati, un maschio incrementa il rischio dell’1,5%. La stima, probabilmente per eccesso, è compensata dal beneficio della riduzione del 20% del rischio di morte per tumore polmonare.

Il problema della falsa positività appare di più difficile soluzione: uno studio di prossima pubblicazione, lo studio belga NELSON ha adottato criteri restrittivi più cogenti nell'interpretazione dei noduli, dando per negativi quelli al di sotto dei 5 mm e positivi e degni di approfondimento diagnostico (PET/FNAB) quelli al disopra dei 10 mm. I noduli intermedi suscettibili di controllo a tre mesi. Questa suddivisione appare troppo rigida e restrittiva alla luce dell’esperienza di tutti i giorni. Oggi tende comunque a prevalere una diagnosi dinamica basata su controlli nel tempo che tengano conto anche delle altre variabili come l’abitudine tabagica e la storia lavoro/espositiva.

Infine ancora più complessa appare la risposta al problema della overdiagnosis. Questa è possibile conseguenza o di una forma indolente che non porta a morte il paziente o di una forma a lento accrescimento che permette la morte del paziente per altre patologie. A complicare questi scenari esiste la possibilità che una forma biologicamente silente per anni si "svegli" improvvisamente e diventi aggressiva. Purtroppo non abbiamo alcun modo per identificare questo comportamento né nella fase indolente né in quella di risveglio.

Una volta acclarato il potenziale beneficio dello screening molte compagnie assicuratrici americane hanno cominciato a pensare al potenziale risparmio nel sottoporre i propri assicurati ad un simile programma. A questo proposito vale la pena di sottolineare che la "lettura" dello screening non è solo un problema radiologico ma impegna una equipe multidisciplinare in cui oltre al Radiologo siano presenti lo Pneumologo ed il Chirurgo toracico, in un percorso comune di esperienza e di confronto inteso modernamente. E’ indispensabile coinvolgere anche il paziente affinché comprenda i vantaggi ed i limiti della metodica e quindi che unisca al percorso diagnostico quello terapeutico al fine di smettere di fumare. E’ auspicabile che anche in Italia, accanto alla prevenzione primaria prenda sempre più piede lo screening nei soggetti a rischio. Per quanto detto, è però indispensabile che venga gestito in modo responsabile e corretto anche per evitare di aprire un contenzioso per "eccesso di prevenzione".