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Nonostante sia ben noto il ruolo del FEV1 come predittore di mortalità e disabilità nella popolazione generale e come indicatore di gravità nella Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO), i dati relativi a come si modifica questo parametro nei pazienti più anziani sono molto pochi. Peraltro i valori predetti delle spirometrie eseguite in questi pazienti lasciano spesso molti margini interpretativi.
La medicina generale e specialistica, come ben sappiamo, ha a che fare sempre più con pazienti anziani ultra-ottantenni e ultra-novantenni, ma non è chiaro se l’età di per sé rappresenti un fattore che favorisca la velocità con cui peggiora la funzionalità respiratoria e se, oltre al fumo di sigaretta, vi siano altri fattori che ne influenzino il naturale declino.
Questo è quello che si sono chiesti gli autori di questo lavoro longitudinale. Nello specifico gli autori hanno seguito e studiato per anni una popolazione svedese di uomini e donne tra i 60 e i 102 anni sottoponendoli a questionari sul loro stato di salute e a spirometrie seriate ogni 3-6 anni ottenendo una casistica molto ampia.
Per farlo hanno calcolato sia il declino funzionale assoluto di FEV1 e FVC sia quello relativo utilizzando una scala logaritmica. Il motivo per cui viene utilizzato un metodo “relativo” è spiegato dal fatto che misurare in assoluto il declino di volumi può portare a degli impensabili e significativi bias in termini di interpretazione. Ad esempio, perdere 500 mL di FEV1 in un anno per un paziente che ne aveva 4.000 mL al tempo zero ha un significato, perderne 500 mL in un paziente che ne aveva 2.000 mL in partenza ne ha uno completamente diverso... Pertanto, i risultati presentati sono calcolati in modo più preciso e tengono conto di questa problematica, pulendo quindi il dato finale il più possibile da bias interpretativi.
Dall’analisi di oltre 6.000 spirometrie eseguite in oltre dieci anni è emerso che oltre allo stato di fumatore attivo che rappresenta un riconosciuto fattore favorente il declino della funzione polmonare, anche l’età, il sesso femminile, il basso stato socioeconomico ed elevati valori ematici di PCR rappresentano fattori in grado di influenzare significativamente il declino della funzione polmonare.
Un segnale arriva anche dall’analisi di pazienti che hanno lavorato in settori con alto livello di inquinamento; in questo gruppo di pazienti si evidenzia un accelerato declino del FEV1 che tuttavia, forse anche per scarsa numerosità del campione, non raggiunge la significatività statistica.
Quando sono state analizzate le singole copatologie (dallo scompenso, alla cardiopatia ischemica, fino alla sindrome metabolica) per valutare se potessero avere un ruolo nell’accelerare il declino funzionale, nessuna di quelle analizzate ha dato un segnale in tal senso.
I dati presenti in letteratura riguardo questo argomento non sono tutti concordanti, inoltre la metodologia utilizzata per l’analisi dei dati non è sempre confrontabile e spesso sono stati usati i dati assoluti creando ovviamente, come prima delucidato, dei bias nell’interpretazione dei dati.
Appare tuttavia solido il dato riguardante il sesso femminile come fattore favorente il declino funzionale, dato che anche in alcuni studi su pazienti affetti da BPCO è stato evidenziato questo dato; ed è stato spiegato come possibile espressione di una maggiore suscettibilità della popolazione femminile ai danni da inquinanti ambientali ed in particolare da fumo di sigaretta. Ma il dato centrale del lavoro è certamente quello relativo all’età. Pur da confermare con lavori più ampi, fa pensare che anche il polmone sano, nei pazienti anziani possa subire dei danni maggiori da infezioni, stress ossidativo ed inquinanti o che questi danni possano essere riparati in modo meno efficace di quanto avviene nei pazienti più giovani.
Ultimo dato degno di nota è l’analisi di confronto fra i teorici di riferimento NHANES III e i GLI2012. Quest’ultimi, pur certificati per popolazioni fino a 95 anni, hanno messo in luce valori di FEV1 e FVC minori al Lower Limit of Normal (LLN) in quasi il 10% dei pazienti sani, a differenza dei NHANES che evidenziano valori sotto LLN solo in circa il 2% della popolazione, dato molto più vicino a quanto ci si può aspettare in una popolazione generale. Appare quindi evidente che i NHANES III, pur datati, rappresentino meglio la popolazione geriatrica nella sua complessità.
In conclusione, questo lavoro ha analizzato per la prima volta il declino funzionale di soggetti ultraottantenni e ultranovantenni, età in cui gli studi clinici faticano a replicare dati solidi. L’analisi di questi dati, pur interessante e significativa, lascia aperto il dibattito circa il modo in cui i dati vengono presentati. L’analisi logaritmica presentata in questo lavoro non è accettata universalmente e molti lavori longitudinali presentano ancora le variazioni assolute piuttosto di quelle relative. Rimane tuttavia interessante soprattutto il dato dell’età come condizione favorente il declino accelerato della funzione e quello relativo al sesso femminile. Merita inoltre un approfondimento con studi mirati la considerazione circa la maggior validità di valori teorici più vecchi come i NHANES III nello studio spirometrico dei pazienti più anziani.