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Negli ultimi anni si sono moltiplicati gli studi che hanno dimostrato come avere apnee ostruttive nel sonno (OSA) si associ ad un aumento della mortalità. Inizialmente è stato messo in evidenza un rischio per un aumento di una generica mortalità da tutte le cause e, successivamente, quello da cause cardiovascolari. I rischi associati all’OSA non si limitano all’ambito cardiovascolare, poiché essa si associa frequentemente a malattie anche molto diverse fra loro (ad esempio, metaboliche, neurologiche, oftalmiche), potendone peggiorare l’espressione. Solo di recente sono comparsi alcuni studi sperimentali che suggeriscono che l’ipossia intermittente, quale è quella associata alle apnee, possa accelerare la crescita tumorale. Lo studio di Nieto et al. è il primo che ha valutato la mortalità tumorale in rapporto alla presenza di OSA.

Lo studio si basa sull’analisi di dati ottenuti dalla Wisconsin Sleep Cohort, coorte messa insieme nel 1988 e sulla quale negli ultimi 20 anni sono state portate a termine numerose importantissime rilevazioni epidemiologiche. Questo studio ha preso in considerazione 1546 soggetti della coorte seguiti per un periodo di 22 anni. Su di essi è stata esaminata la mortalità basandosi su dati ottenuti da registri statali contenenti informazioni sia sulla data di un eventuale decesso, sia sulla sua causa. Come indici di riferimento della presenza e della gravità dell’OSA sono state considerate quattro categorie di indice di apnea/ipopnea (AHI) e quattro di "hypoxemia index", misurati su polisonnografie eseguite all’atto della costituzione della coorte. L’hypoxemia index è stato definito come la percentuale del tempo di sonno trascorso con valori di SaO2 <90% ed è stato calcolato su un numero di soggetti leggermente ridotto (n = 1306). Poiché gli individui studiati erano stati selezionati dalla popolazione generale prevalevano i casi con disturbi respiratori lievi o assenti, mentre solo il 3% dei soggetti apparteneva alle categorie coi disturbi respiratori più severi (AHI ≥30 e hypoxemia index ≥11,2%).

Furono osservati 112 casi di decesso, di cui 50 per tumori. Dopo le opportune correzioni per numerosi fattori potenzialmente confondenti, sia la mortalità generale, sia quella da cancro mostravano un progressivo significativo incremento all’aumentare della gravità dell’OSA. Il rischio relativo per mortalità tumorale aumentava in modo più evidente se l’indice di riferimento era l’hypoxemia index, ed era leggermente maggiore se si escludevano i soggetti (n=151) che avevano praticato terapia dell’OSA con CPAP. La condizione di non obeso e la presenza di sonnolenza soggettivamente percepita, per quanto tendenzialmente associate ad una maggiore mortalità, non interagivano significativamente con la gravità dei disturbi respiratori. Dato il piccolo numero di casi non era possibile valutare un’associazione con specifiche patologie tumorali.

I dati riportati mostrano un’associazione statistica molto forte tra OSA e mortalità nel lungo termine da cause tumorali, che supera quantitativamente quella precedentemente osservata per la mortalità generale e per quella cardiovascolare sia in questa, sia in altre coorti. La spiegazione proposta dagli autori è che l’ipossia indotta dalle apnee renda le cellule tumorali più resistenti e ne acceleri la crescita, stimolando l’angiogenesi.

Il lavoro lascia aperti molti interrogativi. L’obesità non potenziava l’associazione tra la gravità dei disturbi respiratori e la mortalità tumorale, ma tendenzialmente aveva un effetto opposto. Lo studio quindi non chiarisce se la nota associazione tra obesità e rischio tumorale possa in parte essere mediata dall’OSA. Un altro punto degno di attenzione è che le curve di sopravvivenza mostrano una divaricazione nel tasso di mortalità tumorale tra i soggetti delle diverse categorie solo a partire dal dodicesimo anno dopo la diagnosi di OSA, analogamente a quanto già osservato nella stessa coorte per la mortalità da tutte le cause. Non appare immediatamente evidente come questo intervallo possa riconciliarsi con una latenza così lunga dell’effetto dell’ipossia sullo sviluppo tumorale, effetto che negli studi sperimentali appare molto precocemente. Il limite principale del lavoro è la mancanza di dati sull’incidenza dei tumori nella popolazione studiata, che impedisce di comprendere se l’OSA possa realmente favorire una maggiore crescita e aggressività dei tumori o se ne faccia aumentare l’incidenza.

Per concludere, il lavoro fornisce importanti indizi che l’OSA si associ ad un aumento della mortalità tumorale. I tempi ed i meccanismi attraverso cui questo si potrebbe realizzare non sono chiari. Informazioni importanti potranno essere fornite da studi che valutino l’incidenza delle patologie tumorali nell’OSA. Se verrà confermata l’influenza dell’OSA sulla progressione delle patologie tumorali il trattamento dell’OSA potrebbe entrare a far parte delle misure da mettere in atto per migliorare l’aspettativa di vita dei pazienti neoplastici.