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L’Epworth Sleepiness Scale (ESS) è un questionario utilizzato in tutto il mondo per la valutazione soggettiva della propensione ad addormentarsi in specifiche situazioni diurne come durante la lettura, guardando la TV o passeggero in automobile.
L’ESS è un test in 8 “item” sviluppato da Murray J. nel 1991 (1) che va auto-somministrato e restituisce il risultato in una scala numerica da 0 a 24: è generalmente accettato che un punteggio > 10 sia indicativo della presenza di Eccessiva Sonnolenza Diurna (EDS).
Questo test era stato proposto inizialmente per la valutazione della EDS nella narcolessia, ma in seguito è divenuto sempre di più ampio utilizzo in ambito clinico e di ricerca come indice di sonnolenza diurna associato anche ad altre condizioni patologiche: in particolare è stato utilizzato come valutazione della EDS nella sindrome delle apnee ostruttive durante il sonno (OSA).
In realtà, nel sospetto di OSA, come sottolineato già in un editoriale del Journal of Clinical Sleep Medicine nel 2013 (2), l’ESS non dovrebbe essere usato da solo per determinare l’eleggibilità ad uno studio polisonnografico. Infatti l'ESS si correla solo modestamente con misure “oggettive” di sonnolenza come il test di latenza del sonno e il test di mantenimento della veglia e si correla molto debolmente con le misure di gravità dell'OSA come l’indice di apnea-ipopnea o la saturazione di ossigeno notturna. Inoltre, più del 54% dei pazienti OSA presenta comunque un punteggio ESS inferiore a 10, cioè considerato normale per la sonnolenza diurna.
Recentemente, il Journal of Clinical Sleep Medicine ha pubblicato uno studio in cui Campbell AJ e altri autori hanno condotto un’analisi retrospettiva dei punteggi di ESS in un gruppo di 154 pazienti con OSA. Ogni soggetto è stato sottoposto a ripetute somministrazioni dell’ESS in un arco temporale di 6 mesi ed è stata analizzata la riproducibilità intra-soggetto del test. Questo studio dimostra che nei soggetti OSA esiste una estrema variabilità della ESS: nel 21% dei pazienti, infatti, lo score ESS intra-soggetto risultava cambiare nel range di > 5 punti.
Ma, ancora più importante, questa variabilità appariva sconfinare attraverso il cut-off considerato “normale” di 10 nel 15% dei casi. In effetti tra le valutazioni iniziali e quelle successive nel 7% dei pazienti lo score ESS passava da “patologico” (> 10) a “normale” (< 10), mentre nell’8% dei pazienti il punteggio ESS passava da “normale” (< 10) a “patologico” (> 10).
In passato era già emerso che esistono fonti di errore che sono peculiari all’ESS: gli scenari presentati in alcuni item (soprattutto il terzo) possono risultare molto poco correlati all’esperienza di vita personale del soggetto ed inoltre spesso i pazienti non riescono ad avere una descrizione chiaramente definita di ciò che rappresenta una probabilità bassa, moderata o alta delle possibilità di addormentamento.
In alcuni pazienti che non si riconoscono come ipersonnolenti alla ESS, la loro EDS può avere viceversa una dimensione riferita come importante da amici e familiari: è stato descritto ad esempio come le donne, in particolare, possono preferire di essere definite affaticate e stanche, piuttosto che “sonnolente”. Infine alcuni pazienti possono fare sonnellini regolari programmati, mentre in altri il consumo abituale di stimolanti come la caffeina può mascherare i loro sintomi e consentire loro di rimanere svegli negli scenari descritti nella ESS.
Va comunque rimarcato che i risultati dello studio di Campbell et al. non sono esenti da “bias” perché rappresentano i risultati di uno studio retrospettivo ed i pazienti non erano a conoscenza del fatto che i punteggi sequenziali sarebbero stati confrontati.
Nello studio, inoltre, non sono state valutate le informazioni riguardanti lo stile di vita o le modifiche ai farmaci, che potrebbero aver influito sull'ESS e l’identità della persona che compilava i moduli ogni volta non era confermata (in definitiva non è chiaro se il questionario sia stato compilato realmente dai pazienti o per conto dei pazienti da familiari, amici o operatori sanitari).
La barriera linguistica, il livello di istruzione e l'attività lavorativa non sono stati riportati nel lavoro ed è possibile che anche questo abbia potuto rappresentare una possibile fonte di errore poiché alcuni pazienti avevano origini etniche diverse, i questionari erano solo nella versione in inglese e non va ignorato che alcune tipologie di pazienti, come chi guida per lavoro, possono anche sottostimare volontariamente l’ESS per timore di ripercussioni che giudichino, a torto o a ragione, influenti sulla possibilità di mantenere il proprio posto di lavoro.
Da ultimo va ricordato che lo studio è stato basato su un arco di tempo di 6 mesi e che non si potrebbe escludere un effetto di normalizzazione delle frequenze “atipiche” in un periodo più lungo. In ogni caso, questo studio va a confermare e rafforzare risultati di studi precedenti.
Smith et al. (3) hanno confrontato diversi questionari di screening per l’OSA e di qualità della vita in 50 pazienti con EDS trovando che le dimensioni della fatica e dell’ansia possano spiegare meglio il sintomo della sonnolenza soggettiva diurna rispetto all’utilizzo isolato dell’ESS.
Allo stesso modo, Silva et al. (4) nella coorte dello Sleep Heart Health Study confrontando diversi questionari di screening per l’OSA (STOP e STOP-BANG) hanno rilevato che l’ESS ha ottenuto le peggiori performance in termini di sensibilità e specificità rispetto agli altri test.
Il risultato principale del lavoro di Campbell et al. sembra rafforzare, quindi, il concetto che sebbene la sonnolenza sia un sintomo cardinale dell’OSA, la ricerca di questo solo sintomo per lo screening clinico dell’OSA è carica di potenziali errori di sottostima: in altri termini l’ESS non dovrebbe essere usato da solo per selezionare i pazienti candidati a studio polisonnografico nel sospetto di OSA poiché manca di sensibilità e specificità per questo.
Un messaggio importante che de-enfatizza il ruolo dell’ESS nella valutazione della sonnolenza diurna nell’OSA: indipendentemente dalla severità dell’OSA, non tutti i pazienti con OSA manifestano EDS e anche quando questa è presente, può manifestarsi in una varietà di modi al di fuori di quelli delineati dall’ESS.

 

Bibliografia

  1. Johns MW. A new method for measuring daytime sleepiness: the Epworth sleepiness scale. Sleep 1991;14:540-5.
  2. Quan SF. Abuse of the Epworth Sleepiness Scale. J Clin Sleep Med 2013;9:987.
  3. Smith S, Rossdale J, Serry Y, et al. Multiple dimensions of excessive daytime sleepiness. J Thorac Dis 2018;10(Suppl 1):S170-6.
  4. Silva GE, Vana KD, Goodwin JL, et al. Identification of patients with sleep disordered breathing: comparing the four-variable screening tool, STOP, STOP-Bang, and Epworth Sleepiness Scales. J Clin Sleep Med 2011;7:467-72.