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Il fumo di sigaretta è da tempo riconosciuto quale fattore favorente ed aggravante le infezioni respiratorie. E’ evidenza clinica quotidiana il fatto che i fumatori, soprattutto quelli affetti da BPCO o bronchite cronica semplice, siano soggetti a più frequenti riacutizzazioni, specie nei mesi freddi, rispetto ai non fumatori.

Questa forte associazione epidemiologica tra fumo di tabacco e infezioni del tratto respiratorio convenzionalmente è da sempre attribuita agli effetti immunosoppressivi e irritanti sulle cellule dell’apparato respiratorio da parte del fumo di tabacco.

In realtà, il fumo di tabacco sembra avere un’azione diretta sulla virulenza microbica: infatti, favorendo la formazione di biofilm ed aumentando di conseguenza l’adesività microbica alle cellule dell’apparato respiratorio, esso è in grado di aumentare la frequenza di infezioni respiratorie agendo direttamente sui microorganismi. Lo studio di Kulkarni della Columbia University, Dipartimento di Pediatria, ne mostra per la prima volta i potenziali meccanismi sottostanti, e può in parte spiegare la forte associazione tra esposizione al fumo di sigaretta e infezioni delle vie respiratorie. In questo studio, i ricercatori hanno esposto le colture di più ceppi di Staphylococcus Aureus a varie concentrazioni di fumo di sigaretta, facendo gorgogliare il fumo nel mezzo di crescita. La formazione di biofilm era più consistente nelle colture di S. Aureus esposte a maggiore quantità di fumo di tabacco, con un andamento dose/dipendente. Inoltre, si è evidenziato che i batteri esposti presentano, rispetto ai controlli, un’aumentata capacità di legarsi alla fibronectina umana e alle cellule epiteliali broncopolmonari. La fibronectina è una proteina della superficie cellulare che ha, fra le altre funzioni, quella di contribuire all’adesività cellulare. I batteri pertanto possono legarsi alla fibronectina per invadere le cellule umane.

I radicali liberi dell’ossigeno sembrano essere gli agenti del fumo di tabacco maggiormente in causa per spiegare questi risultati. Infatti, si è osservato che l’esposizione al perossido d'idrogeno, un radicale libero fortemente presente nel fumo di tabacco, da sola porta a un incremento della produzione di biofilm, mentre aggiungendo al fumo di sigaretta l'antiossidante N-acetil-cisteina si interrompe la sua capacità di indurre la formazione di biofilm. Queste osservazioni suggeriscono che l’aumento della formazione di biofilm innescata dal fumo di tabacco sia dipendente da meccanismi ossidativi.

Questo documento fa parte di una letteratura, in rapida espansione, che conferma come questo percorso, che porta alla formazione di biofilm, venga attivato dal fumo. Ulteriori studi sono necessari per confermare i risultati e stabilire se l’avanzare della formazione di biofilm non agisca, come ipotizzato da altri Autori (Noam A. Cohen, assistant professor in the Department of Otorhinolaryngology, Head and Neck Surgery at the University of Pennsylvania-USA), anche sulla patogenicità microbica, convertendo i batteri a una forma più aggressiva.

Va da sé quindi come l’esposizione al fumo di tabacco vada ben oltre l'albero respiratorio. Infatti, molti dei prodotti del fumo di tabacco, fra cui i radicali liberi gassosi e corpuscolati come quinoni e semiquinoni, entrano nel flusso sanguigno e possono di conseguenza influenzare i batteri in organi e apparati distanti dalla porta d’ingresso come articolazioni, cuore, tratto gastrointestinale, reni e vescica.

Queste acquisizioni scientifiche, se ben gestite, possono avere anche un’importante ricaduta educazionale per i pazienti fumatori.