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Sia la prevalenza dei disturbi respiratori nel sonno (DRS), sia quella delle aritmie aumenta con l’età. Mehra e coll. hanno voluto verificare se, in individui di sesso maschile anziani della popolazione generale, non selezionati per disturbi del sonno, si possano osservare rapporti tra aritmie e DRS, come già riportato per popolazioni di soggetti reclutati presso centri del sonno. Inoltre, hanno valutato se diversi tipi di aritmie notturne si associno a diverse varietà di DRS, e se vi sia un progressivo aumento del rischio con l’aumentare della gravità di ogni tipo di DRS.

Lo studio ha riguardato una coorte di poco meno di 3000 uomini di età media di 76 anni, sottoposti a indagine polisonnografica con registrazione di una traccia ECG per l’identificazione di aritmie cardiache. La popolazione è stata suddivisa per quartili di Respiratory Disturbance Index (RDI) e di tempo trascorso con valori di SaO2 <90%. Inoltre, in essa sono state isolate due sottopopolazioni, una senza apnee ostruttive e l’altra senza apnee centrali significative, che sono state suddivise rispettivamente per quartili di Central Apnea Index (CAI) e di Obstructive Apnea Hypopnea Index (OAHI). Il respiro di Cheyne-Stokes è stato considerato presente quando persisteva per almeno 5 minuti consecutivi.

Dopo correzione per i fattori confondenti, la fibrillazione atriale si associava significativamente alla presenza di apnee centrali (il cui grado di gravità era valutato col CAI), e di respiro di Cheyne-Stokes, anche in assenza di insufficienza cardiaca clinicamente nota; le aritmie ventricolari complesse si associavano significativamente ai DRS ostruttivi (OAHI); la tachicardia sopraventricolare e le extrasistoli ventricolari con frequenza ≥5/ora si associavano all’insieme dei DRS (RDI). Sebbene vi fossero significativi rapporti dose-risposta tra quartile di DRS e presenza di aritmie, sembrava esservi un effetto soglia: infatti, solo la popolazione appartenente ai quarti quartili di ciascun DRS (corrispondenti cioè ai gradi di gravità più elevati) differiva significativamente da quella appartenente ai primi per la presenza di aritmie. L’ipossia si associava significativamente alle ectopie ventricolari complesse a partire dal secondo quartile di tempo di sonno con SaO2 <90%. Pause sinusali, blocchi atrio-ventricolari o altri ritardi di conduzione non avevano alcuna associazione significativa con nessun indice polisonnografico considerato.

La frequenza con cui le aritmie si verificano nei soggetti con DRS, il tipo di aritmie più comuni in questi soggetti, ed il tipo di DRS che ne può essere maggiormente responsabile sono stati nel tempo oggetto di valutazioni non sempre concordi. Anche alcuni dati di questo studio, ad un primo sguardo, potrebbero sembrare in conflitto con risultati riportati in precedenza. Colpisce in particolare l’assenza di relazioni dei DRS con le aritmie bradicardizzanti, e delle apnee ostruttive con la fibrillazione atriale. Ciò potrebbe in buona parte dipendere dal tipo di casistica studiato.

Una specificità della casistica di questo studio è quella di comprendere individui non selezionati per sospetto di DRS. Tra soggetti come questi, la ricorrenza di apnee molto gravi è rara, ed il grado medio di gravità dei DRS basso. Infatti, nei sottogruppi della popolazione di questo studio corrispondenti ai quartili più elevati di ciascun indice di disturbo respiratorio erano compresi anche soggetti che, ad una valutazione polisonnografica eseguita presso un laboratorio del sonno, sarebbero stati classificati come affetti da disturbi lievi o moderati. Invece, nei lavori più antichi, erano stati oggetto di studio soprattutto pazienti con apnee molto gravi. Vari dati in letteratura hanno mostrato come le più gravi aritmie bradicardizzanti tendano ad associarsi soltanto alle apnee più prolungate ed ipossiemizzanti, verosimilmente molto rare nella casistica di questo studio. Una seconda specificità riguarda l’età molto avanzata dei soggetti studiati. Secondo precedenti lavori, l’associazione tra apnee ostruttive e fibrillazione atriale si perde tra i soggetti più anziani.

Un altro aspetto interessante da sottolineare è che qualunque associazione trovata tra DRS ed aritmie ha riguardato soltanto la popolazione appartenente ai quartili più alti di ciascun indice di disturbo respiratorio (RDI, CAI, OAHI). Quindi, pur non richiedendo una gravità di DRS pari a quella delle gravi aritmie bradicardizzanti, anche le altre aritmie non compaiono significativamente con i DRS se questi non raggiungono almeno un moderato grado di gravità. L’ipossiemia è invece risultata associata alle ectopie ventricolari già negli individui appartenenti al secondo quartile di gravità del tempo con SaO2 <90%.

I fattori determinanti l’ipossia non sono stati però accertati. In soggetti anziani, quali quelli studiati in questo lavoro, l’ipossiemia nel sonno è molto comune, ma spesso consegue semplicemente ad una fisiologica riduzione della PaO2 durante il sonno rispetto ai valori della veglia, già bassi per l’età. Sarebbe quindi interessante indagare sull’eventuale influenza dell’ipossiemia sulle aritmie in rapporto ai meccanismi che l’hanno generata.

In conclusione, questo lavoro rappresenta oggi uno dei pochi in letteratura sul rapporto DRS-aritmie notturne in soggetti della popolazione generale, e che abbia indagato con attenzione sui possibili diversi effetti dei vari tipi di DRS, anche quando essi si manifestano in forme decisamente lievi. I risultati ottenuti, ad un attento confronto, appaiono largamente conciliabili con quelli della maggior parte degli studi che lo hanno preceduto e che spesso profondamente differiscono da esso dal punto di vista metodologico.

A cura del Dott. Oreste Marrone