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Numerosi studi hanno dimostrato l’esistenza di rapporti tra disturbi del sonno e del metabolismo. Tra questi, il rapporto tra apnea ostruttiva nel sonno (OSA) e diabete mellito di tipo 2 sembra essere molto stretto. Tra i soggetti con OSA il diabete mellito di tipo 2 ha un’elevata prevalenza mentre, all’inverso, anche tra i soggetti diabetici l’OSA è molto spesso presente.

L’obesità fa certamente da tramite nel rapporto tra queste due patologie, ma è possibile che fra esse esista anche un nesso causale diretto. E’ stato ipotizzato sia un ruolo del diabete mellito nel predisporre alla comparsa dell’OSA, probabilmente attraverso la neuropatia e la disfunzione autonomica, sia un ruolo dell’OSA come fattore di rischio per il diabete, soprattutto per effetto dell’ipossia intermittente dovuta alle apnee. Tuttavia, non tutti gli studi supportano un effetto indipendente dell’OSA nel contribuire alla comparsa del diabete.

Ronksley e coll. hanno ipotizzato che solo una sottopopolazione dei soggetti con OSA possa avere un aumentato rischio di diabete, e che questa sottopopolazione possa essere rappresentata dai soggetti più sonnolenti. Per provare questa ipotesi, gli autori dello studio hanno eseguito un’analisi trasversale di dati raccolti su tutti i pazienti adulti riferiti al loro laboratorio per sospetto di disturbi del sonno nel corso di due anni, e studiati con polisonnografia o monitoraggio cardiorespiratorio.

L’analisi, su 2149 soggetti, ha mostrato un aumento dell’odds ratio (OR) per diabete all’aumentare dell’indice di apnea/ipopnea (AHI); l’OR diventava significativo quando veniva superata la soglia di AHI di 30.

Dopo la suddivisione dei soggetti con AHI ≥30 in due gruppi sulla base di un punteggio alla scala di Epworth <10 o ≥10, solo nel gruppo dei più sonnolenti l’OR per diabete rimaneva significativo. L’ipossiemia notturna, valutata come tempo trascorso con valori di saturazione ossiemoglobinica <90%, non influiva sui risultati ottenuti e non mostrava alcun significativo rapporto con il diabete.

Gli autori propongono alcune possibili interpretazioni dei loro risultati: la sonnolenza potrebbe essere un marker di alterazioni del sonno, a loro volta responsabili di aumento del tono simpatico e turbe metaboliche; oppure, la sonnolenza potrebbe essere essa stessa più direttamente un fattore di rischio per turbe metaboliche, conducendo ad un aumento del tono simpatico e ad un alterato feedback negativo sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrene con aumento del rilascio di cortisolo, e quindi ad un aumento dell’insulino-resistenza.

A queste interessanti ipotesi prospettate dagli autori, se ne potrebbe aggiungere una: nella popolazione studiata, la sonnolenza, piuttosto che fattore predisponente al diabete, potrebbe esserne stata un effetto. Infatti, secondo alcuni studi epidemiologici, nella popolazione generale il diabete si associa a sonnolenza più che non le apnee (Bixler EO et al. 2005), ed anche tra i soggetti con sospetta OSA il diabete è uno dei fattori che si associa in modo più stretto alla sonnolenza (Koutsourelakis et al. 2008).

Al di là delle interpretazioni che si possono dare dei risultati di questo studio, le sue implicazioni da un punto di vista pratico riguardano l’utilità di trattare i soggetti con apnee che non presentino eccessiva sonnolenza diurna. Recentemente sono stati pubblicati alcuni studi che mettono in relazione la sonnolenza nell’OSA con l’ipertensione arteriosa e con l’insulino-resistenza.

Come già detto, anche da un punto di vista biologico vi sono fondati motivi per ritenere che la sonnolenza possa determinare conseguenze a livello cardiovascolare e metabolico.

Però altri dati, anch’essi pubblicati su importanti riviste, hanno indicato un ruolo dell’OSA indipendente dalla sonnolenza nel favorire importanti conseguenze, come un aumento della mortalità (Young T et al. 2008).

Inoltre, i rapporti crociati, seppure deboli, tra ipossia notturna, frammentazione del sonno e sonnolenza diurna, rendono molto difficile distinguere con sicurezza il possibile ruolo di ciascuno come fattore di rischio nell’OSA. Quindi, per il momento appare opportuno non dare per scontato che l’OSA in assenza di sonnolenza possa non essere trattata, almeno nelle forme con disturbi respiratori più gravi.

Occorrono altri studi, soprattutto di tipo longitudinale, per chiarire meglio se veramente i soggetti con OSA senza eccessiva sonnolenza possano essere esenti da un aumentato rischio cardiovascolare e metabolico.

A cura del Dr. Oreste Marrone