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Ci siamo occupati recentemente di un articolo di autori brasiliani sugli effetti benefici del trattamento delle apnee in soggetti affetti contemporaneamente da OSA e BPCO (overlap syndrome). In quell’articolo erano stati studiati soggetti con BPCO in cui, dopo il riscontro di un’insufficienza respiratoria meritevole di ossigenoterapia a lungo termine, era stata diagnosticata un’OSA. Nel loro studio invece Marin e altri autori spagnoli hanno selezionato, da una casistica di pazienti loro pervenuti in quanto russatori e sospettati di avere disturbi respiratori nel sonno, tutti i soggetti successivamente riconosciuti come affetti da BPCO. La casistica di quest’ultimo studio è quindi notevolmente diversa da quella dello studio precedente, essendo composta da soggetti in cui la BPCO era ad uno stadio meno grave, quindi con un minor grado di ostruzione delle vie aeree ed una migliore ossigenazione arteriosa (saturazione ossiemoglobinica diurna media tra il 92 ed il 94%, secondo il sottogruppo di pazienti); la gravità dell’OSA nei pazienti descritti nei due studi, in termini di indice di apnea/ipopnea (AHI), non era invece molto diversa (AHI medio = 43 nel primo studio; 35 in quest’ultimo).

Sul totale dei loro 799 soggetti con BPCO, Marin e coll. hanno studiato in particolare tre gruppi di pazienti: 210 semplici russatori, 228 con OSA che avevano accettato di essere trattati con CPAP, 210 con OSA che avevano rifiutato il trattamento con CPAP. Sono stati invece esclusi 27 soggetti con OSA cui era stata raccomandata una NIPPV e 121 soggetti con OSA cui non era stata raccomandata né CPAP né NIPPV. I pazienti sono stati seguiti per una durata di tempo variabile (media 9,4 anni, range 3,3-12,7). In ciascuno dei tre gruppi sono state analizzate la mortalità ed i tassi di riacutizzazione che richiedevano l’ospedalizzazione. Dopo correzione per una serie di possibili fattori confondenti, è stato osservato che la mortalità da tutte le cause, quella da cause cardiovascolari, e le ospedalizzazioni per riacutizzazione della BPCO erano maggiori nel gruppo di pazienti che aveva rifiutato la CPAP rispetto agli altri due; esse non differivano invece tra il gruppo dei semplici russatori ed il gruppo con OSA che aveva accettato la CPAP. Non vi erano differenze significative tra i tre gruppi in termini di mortalità da cause polmonari.

Questo lavoro è in accordo col precedente articolo nel mostrare che trattare l’OSA con CPAP riduce la mortalità nei pazienti con overlap syndrome. Un’importante differenza tra i risultati dei due studi sta però nelle cause di morte osservate: distribuite in modo simile tra soggetti trattati e non trattati con CPAP nello studio brasiliano; più frequentemente di tipo cardiovascolare tra i soggetti non trattati con CPAP nello studio spagnolo.

Vi sono almeno due meccanismi attraverso cui l’OSA può peggiorare la prognosi di pazienti con BPCO: uno consiste nel facilitare la comparsa di insufficienza respiratoria durante la veglia per un deleterio effetto sinergico della presenza contemporanea di BPCO ed OSA sulle tensioni dei gas arteriosi; un altro nel favorire disturbi cardiovascolari, similmente a quanto avviene nei pazienti con OSA senza BPCO. Il meccanismo attraverso cui l’OSA può far aumentare la mortalità nei pazienti con BPCO potrebbe essere diverso in rapporto alla gravità della BPCO stessa. Nei pazienti con BPCO agli stadi più gravi, l’OSA potrebbe agire accelerando l’evoluzione della BPCO senza cambiarne le modalità, facendo aumentare di pari passo la mortalità respiratoria e cardiovascolare, come è successo nello studio brasiliano. Nei pazienti con BPCO più lieve, l’influenza dell’OSA sulla mortalità potrebbe manifestarsi invece principalmente sul versante cardiovascolare, come è stato osservato nello studio spagnolo. Ciò non esclude però, in quest’ultima tipologia di pazienti, un’influenza negativa dell’OSA anche sulla funzione respiratoria, come suggerisce l’osservazione della maggiore frequenza di riacutizzazioni della BPCO tra i soggetti spagnoli non trattati con CPAP; il maggior tasso di riacutizzazioni non bastava però a far aumentare in modo significativo la mortalità polmonare.

Il lavoro conferma l’opportunità del trattamento dell’OSA nei pazienti con overlap syndrome al fine di migliorarne l’aspettativa di vita. Nei pazienti che, come in questo studio, hanno forme lievi o moderate di BPCO, il miglioramento sarebbe da riferire principalmente ad una diminuzione della mortalità cardiovascolare. Un notissimo lavoro portato a termine dallo stesso gruppo di autori, pubblicato su Lancet nel 2005, aveva già dimostrato una maggiore mortalità cardiovascolare tra i soggetti con OSA severa non trattati con CPAP rispetto a quelli trattati. Sarebbe interessante verificare se questo effetto della CPAP nei pazienti con overlap syndrome sia paragonabile come ordine di grandezza a quello che si osserva nella popolazione dei soggetti con OSA pura.

 A cura del Dr. Oreste Marrone